Regia di Stefano Cipani vedi scheda film
Un buon film sull’adolescenza, che in maniera fine tocca il tema della disabilità, dal punto di vista dei familiari.
In sé, tecnicamente è un film simil-tv, senza grandi pretese. Eppure la resa della vita quotidiana del ragazzo è autentica e coinvolgente, specie nelle sue frustrazioni, e nei suoi sensi di vergogna. Si vede bene l’identità in scorrimento dell’adolescente, che vorrebbe essere qualcosa che non può (ancora?) essere. Il tutto in relazione alle sfide affettive che, oltre a quelle familiari, vedono emergere amicizia ed amore.
Il soggetto è, come è noto, un romanzo, che non ho letto: resta commuovente la descrizione della fatica dei familiari del piccolo down, così come l’affetto che li lega, che è l’unico ingrediente discriminante per sapere costruire una vita sana, sia quando le difficoltà sono nell’ordinario, sia quando non lo sono. Il protagonista vero è l’amore che circonda il piccolo disabile, che è la vera causa che gli dà tanta fiducia nella vita, e tanta legittima capacità di sorridere, nonostante la peculiarità della situazione.
I genitori sono semplici, commettono errori (superficialità nella gravidanza, poca autorevolezza coi figli…), ma vogliono e si vogliono bene: e questo basta a loro ed a quelli che han messo al mondo.
Nient’affatto superficiale, o consolatorio, questo fil dell’esordiente Cipani è impreziosito dai realistici riferimenti alla realtà quotidiana dei giovani e della scuola. Pecca però nella cronologia: non si capisce in he epoca è ambientato (sembra negli anni ’90, cioè vent’anni prima dei fatti), e ancor di più non è credibile quanto all’età dei protagonisti: che hanno un equilibrio, una maturità e un corpo superiore, di almeno un paio di anni, ai 14 anni mostrati.
I giovani recitano abbastanza bene. Tra gli adulti, la Ragonese due spanne sopra a Gassman, impacciato in una recitazione forzata e televisiva.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta