Regia di Sandro Bolchi vedi scheda film
Sicilia. Casimiro Badalamenti, uomo rude ed egocentrico dai loschi traffici, ha quattro figli da Concetta, donna sottomessa ma chiacchierata. I ragazzini vengono però cresciuti, all’insaputa l’uno dell’altro, da altre famiglie. Anni dopo Casimiro cerca di attirare di nuovo a sé i figli, ormai grandi.
Fiction televisiva – all’epoca questo era il termine più consono per definire questo tipo di lavoro – licenziata dall’esperto Sandro Bolchi, La vigna di uve nere è una pellicola tratta dall’omonimo romanzo di Livia De Stefani, il più celebre dell’autrice, qui rimaneggiato con una sceneggiatura firmata da Lucio Mandarà. Sebbene il mestiere del regista e del suo cast tecnico/artistico sia evidente, la storia risulta comunque un po’ sciapa, troppo aderente alla pagina, dal tono insomma prevalentemente letterario: una piacevole illustrazione, ma nient’altro. Sebastiano (Nino) Celeste cura la fotografia – con la cura che gli è riconosciuta; della colonna sonora si occupa Bruno Nicolai e le scenografie sono affidate a Giuseppe Mangano: tutti nomi di valore, così come quelli che vengono impiegati nei ruoli principali del cast: Lea Massari, Barbara Coli, Giancarlo Dettori, Anna Lelio, Luigi Rosa, Federica De Bortoli e, in primo luogo, il protagonista centrale Mario Adorf, per l’occasione riconoscibilmente doppiato da Vittorio Foà. Il ritmo latita e forse anche per colpa della scelta di dilatare la trama in due puntate da circa un’ora e mezza ciascuna. Bolchi, attivo sul piccolo schermo da oltre un quarto di secolo, girerà ancora una manciata di titoli per la Rai nel successivo decennio, diradando però la sua produzione. 4/10.
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