Regia di Mario Martone vedi scheda film
Questo è un film che qualcuno definirebbe "di alta acrobazia stilistica": in parole povere opera raffinata, intelligente ma di gusto piuttosto elitario e intellettuale. Mario Martone attinge alla sua notevole esperienza di regista teatrale per raccontarci le peripezie di Leo, un regista teatrale che prepara a Napoli un allestimento di una tragedia di Eschilo, "I sette contro Tebe", che parla di una guerra fratricida e che vorrebbe portare a Sarajevo negli anni del conflitto jugoslavo. Il film si muove tra il palcoscenico, con la ripresa integrale di diverse scene della tragedia oppure delle prove teatrali, e le vicende personali di attori e membri della troupe. È un film di ardita concezione, sicuramente una delle poche pellicole che riesce a descrivere con efficacia dall'interno il mondo del teatro, e come nei suoi film precedenti Martone rappresenta una Napoli assai realistica e poco folkloristica, i quartieri Spagnoli con la fauna di camorristi, gente del popolo e aspiranti artisti, anche se la scelta di girare il film in 16 mm poi gonfiato a 35 sembra non privilegiare l'impatto visivo che nell'Amore molesto era probabilmente più forte. E ammetto che in alcune scene ho avuto un po' di difficoltà a capire alcuni dialoghi, forse per una registrazione sonora volutamente "sporca", e un po' per il dialetto napoletano abbastanza stretto. Gli attori sono tutti ottimi, ma trattandosi di un film corale non ce n'è qualcuno che domina sugli altri: da ricordare almeno il sofferto Andrea Renzi nella parte del regista che è un trasparente alter ego di Martone, Anna Bonaiuto che eccelle nelle scene in cui interpreta Antigone ma logicamente non ha lo spazio che aveva ne "L'amore molesto", Iaia Forte che si interroga sull'autoreferenzialita' della scelta di andare a Sarajevo a portare un'opera che i bosniaci non capirebbero in italiano e un Toni Servillo pre-Sorrentino ma già aguzzo e penetrante pur avendo poche scene a disposizione. Si ammira il coraggio di tentare strade nuove e originali per il cinema italiano, ma alla fine si ha l'impressione che una pellicola del genere possa faticare a dialogare con il pubblico non preparato, soprattutto nella dimensione teatrale che forse occupa troppo spazio, in particolare verso la fine. Insomma, come in altri film di Martone le qualità sono notevoli ma non si arriva proprio a gridare al capolavoro e non si riesce a condividere il parere di Morandini che lo definisce il miglior film italiano degli anni 90: credo che questo onore vada al "Ladro di bambini" di Gianni Amelio.
Voto 8/10
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