Regia di Mario Martone vedi scheda film
Leo (Andrea Renzi) è un regista e attore teatrale che sta allestendo, in uno scantinato buio e inospitale dei Quartieri Spagnoli di Napoli, la tragedia di Escihilo "I sette contro Tebe". Opera che dovrebbe far tappa nella Sarajevo martoriata dalla guerra.
Quello rappresentato in questo bellissimo film di Mario Martone è un teatro della vita che attraversa secoli e guerre per approdare tra i disagi ordinari di una città in perenne agonia. Lo scenario è una Napoli lambita più che toccata, vissuta quanto basta per dimostarne il carico di violenza che vi alberga, per dargli i connotati di una città in pace ma non pacificata. Un filo invisibile collega le tragedie degli uomini nella storia e quello che Leo e la sua compagnia cercano di fare è opporvi un rimedio con i mezzi del teatro che sono a loro disposizione. Attraverso l'esercizio consapevole delle arti, la tutela della bellezza come baluardo contro l'oblio, contro l'idea che in guerra, insieme all'uomo, muoia anche la speranza e la capacità di continuare a creare. L'intento è quello di dare un senso alla tragedia della guerra, offrire nuovi stumenti linguistici con cui poterla esorcizzare. Questo intento non può che portare alla sperimentazione di metodiche sempre diverse e nuove, alla creazione di un linguaggio quanto più universale possibile, fatto di gestualità, di sguardi, della capacità di farsi capire coi corpi più che con la voce. Un linguaggio capace di attualizzare una guerra fratricida del 467 a.c. per meglio conoscere quelle della nostra modernità, che consenta agli uomini di capire e di capirsi. "Teatro di guerra" è un film che vive di opposti : l'oscurità della cantina teatro contrapposta al sole dei vicoli brulicante di gente e di rumori, così come la difficoltà ad operare della compagnia di Leo contrapposta alla solidità economica e operativa della compagnia stabile di Franco Turco (Toni Servillo), sono il sintomo della più ampia contrapposizione tra il teatro come rappresentazione in forma d'arte di una realtà verosimile e la realtà come teatro della finzione. Credo che questo film sia incentrato sulle potenzialità aggregative che la cultura può offrire e che Mario Martone abbia svolto (magari involontariamente, non so) un' ottima analisi sullo stato della promozione e conservazione delle arti nel nostro paese : sul fatto che il grado di visibilità di un artista dipende più da quanto questo sia disposto ad accodarsi alla corrente dominante che dalle sue qualità intrinseche, che un'opera è tanto più "clandestina" quanto più eccede nel campo della sperimentazione e si allontana da una certa classicità mummificata. Emblematiche, a mio parere, sono le parole di Franco Turco il quale, durante una cena con la sua compagnia, a proposito dell'idea di Leo di portare il suo lavoro a Sarajevo dice che li "hanno bisogno di armi e non di teatro". In queste parole c'è tutta la differenza tra chi è artista dentro e chi è un impiegato dell'arte, tra chi crede all'arte come strumento per giungere al fine superiore di migliorare la vita degli uomini e chi la considera un semplice mezzo per conservare le posizioni di rendita acquisite. Tra chi con l'arte sublima la realtà e chi la usa per fingere un ruolo nella sua società incivile. "Teatro di guerra" è un grande film di un autore parco e raffinato, retto da attori d'indubbio talento. Anna Bonaiuto, Andrea Renzi, Iaia Forte, Marco Baliani, Roberto De Francesco rappresentano tra il meglio del cinema italiano. Toni Servillo è ormai nell'olimpo dei grandi.
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