Regia di Elia Kazan vedi scheda film
E' un dramma social-familiare a forti tinte, con passaggi molto drammatici. Tesi, infatti, sono i rapporti tra i personaggi principali (ma anche quelli collaterali), e quella famiglia male assortita e male allargata è quasi una polveriera sempre pronta ad esplodere. A guardar bene l'elemento più perturbante della situazione è il personaggio di Marlon Brando, uomo irruente ed impulsivo, ed aggiungerei anche prepotente e rozzo. E' rozzo non solo nel senso delle buone maniere, che non sarebbe molto grave, ma anche umanamente, in fatto di tatto e sensibilità. Egli soffia sul lucignolo fumigante che è il personaggio di Vivien Leigh, le dà un calcio quando stava rialzandosi dopo una vita piena di errori e di sofferenze, e le preclude ogni riscatto per il futuro. Poi ferisce, offende, semina discordia. Nessuno, neppure la moglie, trova veramente la forza di opporglisi, forse perché sulle donne esercita un fascino perverso che le disarma e le blocca. Si potrebbe definire un uomo crudele, che con disarmante naturalezza passa dalle offese più brutali all'offrire una birra come se nulla fosse.
La protagonista, tuttavia, è Vivien Leigh, la quale dà vita ad un personaggio complesso e colmo di contraddizioni. Essenzialmente è una donna piena di traumi, di lutti e di ferite interiori, che ora la rendono estremamente debole, instabile e vulnerabile. Ha però anche i suoi vizi e le sue ipocrisie, come un eccessivo attaccamento al lusso e ai bei vestiti. L'attrice riesce molto bene a rendere questo personaggio fragile e nevrotico. Non è più giovanissima, ma il trucco e la fotografia la imbruttiscono un po' per farne un fiore avizzito, sbattuto dalla tempesta della vita. Kim Hunter, dal canto suo (la June di "Scala al paradiso"), è una delle attrici che secondo me sono più fisicamente cambiate nel corso degli anni. Qui, pochi anni dopo l'altro film, è già difficilmente riconoscibile. In "Lilith" di Robert Rossen sembra un'altra persona. Comunque è brava a rendere una moglie combattuta tra un marito violento e una sorella da questi vessata.
Nel film compare anche il tema di una certa "moralità" americana, che marchia a fuoco le persone che hanno sbagliato e sbarra loro la via del riscatto.
Elia Kazan dirige con forza un film tutto in interni ma pieno di "azione", cioè liti, scenate, risse, violenza verbale, fisica e morale. L'ambientazione è volutamente sporca e sgradevole, con stanze squallide, caldo e sudore, fumo di sigaretta, vie strette di una New Orleans soffocante.
Non è un film piacevole e gradevole, ma che ha indiscutibilmente i suoi meriti.
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