Regia di Frank Beauvais vedi scheda film
I film composti interamente da spezzoni di altri film non sono certo una novità (mi vengono in mente ad esempio Final cut: Ladies and Gentlemen di Gyorgy Palfi o The Green Fog di Guy Maddin) ma qui hanno una valenza decisamente più personale, in quanto espressione "fotografica" del diario (il film è un diario a tutti gli effetti: descrizioni di eventi privati e pubblici mescolati a impressioni personali all'interno di brevi capoversi non necessariamente collegati) di un periodo di profonda crisi personale del regista, culminata in mesi di ossessiva voracità cinematografica casalinga (gli stessi film che formano lo sguardo dell'opera). Le immagini sono veloci frammenti mirati a sottolineare o a stravolgere ogni frase dell'ininterrotto flusso di coscienza della voce narrante.
Un film per molti versi inquietante: l'implicito lavoro maniacale di ricerca di frammenti significativi all'interno dei film visionati rende ancora più carica e grottesca la bulimia da accumulo visivo del regista, una disperata fuga verso il virtuale da quella che è a tutti gli effetti una brutta crisi di mezza età.
Un film su un periodo di buio: il buio di un'anima alla deriva nella ripetitività ossessiva di giorni sprecati, il buio di un momento storico (la narrazione è costantemente puntellata dall'elenco degli attentati che si sono succeduti in quei mesi e sulla reazione militare e militante del governo francese), il buio di una stanza illuminata solo dai pixel di un televisore che riversa dallo schermo il suo flusso ininterrotto di film.
Alla fine il regista riesce a (s)fuggire e tornare nella vita vera parigina ma nei titoli di coda il mai troppo lodato Will Oldham ci rimanda un'altra volta verso tutto quel buio, con un'efficacia superiore a 100 film: www.youtube.com/watch?v=LAriDxTeed8
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