Regia di André Øvredal vedi scheda film
In ogni luogo c'è una leggenda che si tramanda di generazione in generazione; a volte mutano i dettagli, si cambiano i nomi dei protagonisti ma, la sostanza, il messaggio che contiene, resta in fondo sempre lo stesso. Molto spesso sono storie che incutono paura, o almeno timore e finiscono per condizionare l'infanzia dei ragazzini che le ascoltano.
Scary Stories to Tell in the Dark parte proprio da qui, da una serie di libri che altro non sono se non una raccolta di racconti, più o meno fantastici, di leggende metropolitane basate sulle paure che ci portiamo dentro e che diventano i fantasmi della nostra esistenza.
Tutte queste storie sono unite da un filo comune, Sarah Bellows, vittima di angherie familiari che la costrinsero all'isolamento, condizione estrema che finì per essere causa di un accumulo di odio così eccessivo da divenire nocivo per chiunque si avvicinasse alla casa in cui visse segregata.
Il film di André Ovredal, probabile apri-pista di una serie di pellicole, considerando il finale più che aperto, è l'ennesimo teen-movie con il classico gruppo di ragazzini infestati dalla suddetta maledizione, che cerca un modo per liberarsi dal malvagio.
Se la prima parte si denota quel tono dark del titolo, non si può dire lo stesso della seconda metà della pellicola che sembra lasciar lentamente svanire l'oscuro che predominava amalgamando il tutto ad una classica visione da film adolescenziale dove la paura è causata solo dal tono alto di alcuni effetti.
Nonostante il riferimento politico, siamo nel 1968 anno della presidenza Nixon, con un innesto ambientalista (un tantino forzato) che diventa la chiave di volta dello svolgimento narrativo, il film non sembra decollare mai veramente restando nell'oblio delle pellicole destinate a non essere ricordate mai per sempre.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta