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L'ultima donna

Regia di Marco Ferreri vedi scheda film

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La recensione su L'ultima donna

di OGM
8 stelle

La virilità, nella rarefazione della periferia industriale, affetta dai fenomeni della disoccupazione e della rivoluzione sessuale,  ha perso il potere patriarcale d’un tempo: la figura del lavoratore capofamiglia, radicata nella cultura rurale,  è definitivamente tramontata con l’abbandono delle cascine. Al suo posto è rimasto un uomo illuso di esercitare un ruolo dominante in virtù della sua istintualità primitiva e selvaggia, e della sua natura di cacciatore mai sazio di prede. In realtà egli, in questo modo, si ritrova schiavo di un unico anacronistico cliché, in mezzo ad un universo femminile dinamico e vario, forte dei beni classici ed intramontabili della bellezza e della maternità. Il corpo nudo di Giovanni, col neonato seduto sul suo braccio, ricorda la figura preistorica di un ominide che esibisce il frutto del suo seme; l’immagine dello stesso bimbo, posto sul grembo di Valeria, irradia invece la divina grazia di una madonna rinascimentale o la bucolica poesia di un bozzetto agreste.  La donna si rivela superiore in sensibilità ed autonomia, e risulta vincente semplicemente perché non si mette in competizione, né con l’altro sesso, né con le sue potenziali rivali in amore, con le quali riesce invece a stabilire sereni  rapporti di confidenza e complicità. La complessità del suo animo comprende anche la flessibilità e l’estemporaneità, spesso erroneamente scambiate, dalla controparte, rispettivamente per remissività ed incoerenza; sull’altro fronte rimane invece, statico ed immutabile, il simbolo fallico ridotto a monumento - di cemento come una ciminiera o un grattacielo, di metallo come una gru o la canna di un fucile – ma che di fatto è paragonato a un banale dispositivo meccanico ed un oggetto rozzo, ridicolo e mediocre - come un salame, una banana, o un cannoncino giocattolo di legno - ed è un marchio di debolezza ed il suggello di una  dipendenza.  Il rapporto tra Giovanni e Valeria dimostra che il movimento di emancipazione femminile è un’ondata di rinnovamento che, però, ha fallito il suo traguardo più importante, e mai esplicitamente dichiarato: provocare la reazione dell’uomo per trascinarlo nell’impresa di svecchiare la società, liberandola da canoni troppo rigidi e oppressivi, e reinventare insieme a lui il mondo, organizzando, col suo aiuto, una vita affettiva, professionale e familiare  più spontanea, aperta ed equilibrata. In questo film l’equivoco storico volge in tragedia; il disallineamento delle menti rende inutile l’unione dei corpi e sfocia, infine in un cruento sacrificio della carne.

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