Regia di Roman Polanski vedi scheda film
Avrei voluto essere nell'anno 1962, per vedere il primo film di Roman Polanski senza aver mai visto nulla di suo prima, senza conoscerlo, senza sospettare cosa avrebbe fatto in futuro.
Vedere “Il coltello nell'acqua” senza conoscere Polanski deve essere stato sconcertante, stupendo, esaltante. Purtroppo o per fortuna conosco molto bene i lavori di Polanski, che non mi piacciono tutti, ma molti sì. Adoro il suo stile, mi piace più nell'horror e nel thriller piuttosto che nella commedia, e mi incuriosisce moltissimo per la sua vita personale.
“Il coltello nell'acqua” è un film che sicuramente si apprezza di più conoscendo tutta la carriera di Polanski, ma io avrei voluto vederlo con gli occhi di chi non sa cosa aspettarsi da questo giovane (allora) intraprendente (ancora oggi) regista polacco.
E' proprio in Polonia che la storia si svolge, nell'arco di una domenica, una coppia di coniugi fa salire sulla propria macchina un autostoppista, che successivamente invitano a passare con loro la giornata sul lago, in una gita in barca.
La coppia è litigiosa, il ragazzo è impudente e svogliato. Tra i tre si intrecciano rapporti contrastanti e la vicinanza forzata mette in risalto i difetti e le fragilità di ognuno.
Il titolo è il punto di svolta nel film, quando il coltello dell'autostoppista cade nell'acqua, il fragile equilibrio tra i tre si rompe e i protagonisti dovranno fare i conti con loro stessi.
Un film claustrofobico, nonostante si svolga completamente all'aperto, il lago è in effetti più deprimente di una prigione. La barca è quello che nei film successivi sarà l'appartamento (di “Repulsion” di “Rosmary's baby” de “L'inquilino del terzo piano”), una sorta di corpo contenitore di ansie e angosce, che rigetta sui propri inquilini. Fin dal primo film, Polanski ha come obiettivo il male-malessere, e lo riesce a “raccontare” non attraverso la storia, ma piuttosto attraverso i personaggi e le cose che la storia contiene. Tutto diventa simbolo, tutto è “finto” o falso. I tre protagonisti si mentono l'un con l'altro, si atteggiano a persone che in effetti non sono, nascondono le paure e i desideri, sarà l'acqua a far uscire tutto fuori, ricreando una nuova realtà.
Alla fine del film mi chiedo: esiste davvero l'autostoppista? O è stata solo una fantasia dei due coniugi? Rimane un dubbio, e questa capacità di far rimanere perplessità rimarrà al regista polacco per tantissimi altri suoi film futuri.
A 29 anni Polanski scrive, sceneggia e dirige un film complesso, ha le idee chiarissime su cosa vuole fare e raccontare, alcune sue riprese sono da lasciare senza fiato, difficili anche tecnicamente, la macchina da presa diventa vela, diventa acqua, diventa vento, in un bianco e nero che purtroppo a distanza di più di cinquant'anni si può solo rimpiangere.
Attori non particolarmente bravi, quasi alle prime armi, sono sotto l'occhio della macchina da presa costantemente, con alcune scene di nudo molto provocanti per l'epoca.
Avrei voluto vedere questo film quando uscì... senza conoscere Polanski, avrei voluto vedere l'effetto che fa vedere un Polanski per la prima volta.
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