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L'angelo della vendetta

Regia di Abel Ferrara vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su L'angelo della vendetta

di OGM
8 stelle

La violenza come agente infettivo che attecchisce subito: un morbo sessualmente trasmesso che non prevede periodo di incubazione e non ammette guarigione. La cosiddetta debolezza della carne equivale per Ferrara all'assenza di difese immunitarie contro questa patologia psicofisica, capace di insediarsi anche negli animi più innocenti. Come in "The addiction", in questo film la protagonista attraversa la quotidianità essendo segnata da una malattia terribile e segreta, e seminando morte al suo passaggio. Lo sfondo del suo agire è una realtà disseminata di schegge d'incubo, un ex-normalità tinta di rosso sangue, come la nuova vita di un neo-Dracula. E, come nelle storie di vampiri, è la perniciosità a fare di "Cappuccetto nero" una creatura irresistibile. Il suo fascino è il misterioso alone che circonda i fantasmi della sua mente: quelli che solo alla fine, nello spettrale epilogo del ballo mascherato, verranno allo scoperto, liberandola per sempre dal loro micidiale influsso.

Su Abel Ferrara

Abel Ferrara usa il motivo ricorrente della maschera come allusione ad una universale, malcelata ed inquietante ipocrisia: il volto di chi la indossa è palesemente finto, però non ci è dato di leggere la verità che si nasconde sotto. È camuffato il viso del delinquente stupratore, così come appare deformata l'espressione post-traumatica della protagonista, che, in seguito, vi sovrapporrà un vistoso trucco da dark lady. Il male occhieggia da dietro un paravento, senza mostrarsi in tutto il suo orrore, ma lanciandoci, comunque, da lontano, i lampi del suo sguardo penetrante e ammaliatore.

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