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Anastasia

Regia di Don Bluth, Gary Goldman vedi scheda film

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George Smiley

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La recensione su Anastasia

di George Smiley
8 stelle

Anno 1916: lo zar Nicola II indice un ballo per festeggiare il trecentesimo anniversario dell'ascesa al potere dei Romanov presso il Palazzo di Caterina a San Pietroburgo. Il ballo viene però interrotto dal malvagio monaco Rasputin, ex-confidente del re che, vistosi bandito, scaglia una maledizione contro Nicola e la sua famiglia sobillando gli animi del popolo e scatenando così la rivoluzione che segna la fine dello zar e della sua dinastia. Solo in due riescono a salvarsi: l'imperatrice-madre Maria Fedorovna e la piccola granduchessa Anastasia, ma nella fuga dal palazzo le due finiscono per essere separate e Anastasia batte il capo perdendo la memoria...

Anno 1926: la Russia è sotto il regime comunista, ma a San Pietroburgo gira voce che la piccola Anastasia sia sopravvissuta allo sterminio della famiglia reale e sua nonna Maria, ora a Parigi, offre una lauta ricompensa a chi sia in grado di riportarle sua nipote. Due imbroglioni, Vlad e Dimitri, decidono di ingaggiare una sosia di Anastasia per ingannare l'imperatrice e ottenere così il denaro. Nel frattempo vicino alla città, un'orfana di nome Anya molto simile alla granduchessa e priva di ricordi del proprio passato esce dall'orfanotrofio che l'ha ospitata per un decennio e, avendo come unico indizio sulla sua famiglia di appartenenza un ciondolo d'oro recante la scritta "insieme a Parigi", decide di viaggiare sino alla capitale francese. Sulla propria strada incontrerà proprio Vlad e Dimitri...

Anni 90', tempo di rinascimento in casa Disney: la casa del topo più famoso al mondo sforna trionfalmente un successo dopo l'altro, in un dominio apparentemente incontrastato sul mercato del cinema d'animazione. Eppure qualcuno che si oppone al monopolio c'è: la 20th Century Fox commissiona questo film affidandolo a un asso della settima arte per i più piccini, ovvero Don Bluth (coadiuvato dal fidato Gary Goldman), nome pesante nell'industria dello spettacolo distintosi in passato per diversi classici per bambini capaci di rivaleggiare proprio con i titoli della Disney. Bluth dirige così nel 1997 "Anastasia", avventura musicale ambientata ai tempi della Rivoluzione Russa e avente per oggetto la leggenda popolare della principessa Anastasia, leggenda che la vorrebbe miracolosamente scampata allo sterminio dei Romanov da parte dei bolscevichi. Queste dicerie furono effettivamente alimentate dall'incertezza circa la sua sorte, a causa delle quali molte donne cercarono negli anni di spacciarsi per la granduchessa superstite. La più famosa fu senza dubbio Anna Anderson, una polacca ricoverata in un ospedale psichiatrico che sostenne fino al 1984, anno della sua morte, di essere la quartogenita dello zar Nicola II. Partendo dalla trama dell'omonimo film del 1956 diretto da Anatole Litvak e interpretato da Ingrid Bergman, Yul Brynner e Helen Hayes, Bluth costruisce una sorta di "what if" dai toni fiabeschi e spesso piuttosto cupi, richiamando in molte scene lo stile dei primi classici Disney come "Biancaneve e i sette nani", "Fantasia", "Cenerentola" e "La bella addormentata nel bosco". Questo film segna però una svolta decisiva nella filmografia del regista di El Paso: è infatti il primo dei suoi lungometraggi in cui alla tecnica di animazione tradizionale affianca quella digitale. Le animazioni dei personaggi sono fatte mediante l'uso del rotoscopio, dando un elevato realismo e fluidità di movimento alle loro figure; i disegni sono decisamente curati e dettagliati, con un ampio e variegato uso dei colori e l'animazione digitale, al netto di qualche transizione un po' "ingessata", dà la giusta profondità alle scene in cui viene utilizzata e fa risaltare determinati particolari. I numeri musicali sono tanti e per la maggior parte efficaci e ben realizzati, con le canzoni "Viaggio nel passato" e "Quando viene Dicembre" capaci di lasciare il segno. Sicuramente ha giovato al film il fatto che nella versione italiana i due protagonisti, Anya e Dimitri, siano doppiati da Tosca e Fiorello, i quali sono perfetti nel rendere le loro caratterizzazioni e con la loro abilità nel canto stravincono il confronto con i corrispettivi americani. Se bisogna trovare un difetto, esso risiede nella stereotipizzazione di alcuni personaggi che ricadono dentro i rassicuranti confini dei ruoli loro assegnati e nella classicità dell'intreccio che non brilla per originalità, a cui invece si contrappone una protagonista femminile forte e risoluta ma anche malinconica e triste: l'Anastasia del film è una ragazza scaltra e indipendente che, come molte altre principesse dei cartoni animati, viene spogliata dei propri averi e del proprio titolo nobiliare, ma a differenza delle altre sarà capace di rinunciarvi volontariamente una volta compiuto il viaggio di riscoperta del suo passato e di rivelazione della propria identità. C'è una chiara discontinuità tra ciò che la granduchessa era e dovrebbe essere e ciò che è in realtà: per assistere ad una simile rinuncia in nome della libertà di determinare il proprio destino da sola e di seguire i propri sentimenti bisognerà aspettare sino al 2001 con "Shrek". Posto ciò, va fatto un plauso ancora maggiore a Don Bluth e ai suoi collaboratori per aver realizzato un film tecnicamente notevole e finanche iconico, capace di far sognare una generazione di bambini e bambine e di coinvolgere persone di qualunque età trattando con la giusta sensibilità una tragica storia che ancora oggi affascina chi ne viene a conoscenza. La pellicola fu un successo di critica (due candidature all'oscar, una per la colonna sonora e l'altra per la canzone "Viaggio nel passato") e botteghino ($58,406,347 negli Stati Uniti e $81,398,001 nel resto del mondo, per un totale di $139,804,348), ha avuto uno spin-off direct-to-video nel 1999 ("Bartok il magnifico", sempre diretto da Don Bluth e Gary Goldman) e nel 2015 ne è stato tratto un musical approdato poi a Broadway nel 2017.

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