Regia di Rocky Soraya vedi scheda film
Primo capitolo di un ciclo in evidente debito con il film di Leonetti (Annabelle, 2014) e con l'universo creato da James Wan nella serie The conjuring. Disponibile in lingua originale (e sottotitoli in italiano) solo su Netflix.
Dopo una promozione sul lavoro, Daniel (Denny Sumargo) può permettersi di acquistare una lussuosa casa. Da Giacarta, si trasferisce con la moglie Anya (Shandy Aulia) a Bandung, popolato quartiere in prossimità della ditta presso cui assume la mansione di capocantiere edile. Incaricato di disboscare un'area -in prossimità della strada denominata Siliwongi road- destinata ad ospitare un centro commerciale, Daniel riscontra perplessità da parte degli operai: si rifiutano di tagliare un albero che nasconde tra i suoi rami un'inquietante bambola. Dopo aver imposto l'ordine di procedere, Daniel torna a casa, scoprendo nel baule la bambola che la moglie Anya (produttrice artigianale di pupazzi) decide di tenere. Da quel preciso momento strani avvenimenti accadono tra le pareti domestiche. La maledizione che circonda Ghawiah, nome della bambola attribuito dalla piccola proprietaria, ruota attorno ad una furto d'appartamento finito in massacro: vittime i genitori e la piccola bambina, Uci, di cinque anni il cui corpo è stato rinvenuto accanto all'albero abbattuto. Daniel e Anya si rivolgono, su suggerimento della vicina di casa, prima ad un esorcista, poi all'esperta di fenomeni paranormali Laras (Sara Wijayanto). Ed è allora che una verità insospettabile, percepita dalla medium, darà conto del perché lo spettro della piccola Uci sia così accanito nei confronti di Daniel.
L'indonesiano Rocky Soraya, regista al servizio di Netflix per una serie di horror sicuramente interessanti, non difetta certo di sintesi. Almeno non quando scrive (suo il soggetto di The doll), come in questo caso, evidentemente ispirato dall'universo The conjuring. Perché The doll è quasi un remake di Annabelle e da quello stesso film riprende non solo la bambola maledetta (che qui si diverte a giocare a nascondino, dispensando curiosi biglietti scritti a penna) ma la figura dei coniugi Warren, riproposta nel personaggio di Laras, una medium che -guardacaso- custodisce un archivio di oggetti infestati, tra i quali ovviamente anche bambole.
Da quanto premesso è subito chiaro che l'originalità non è l'obiettivo perseguito da Soraya che anzi, a dispetto del titolo, mai ci propone la bambola (dallo scontato e semplicistico look, modicamente macabro) in movimento. Spingendosi invece troppo in là, il regista offre, andando fuori tema, possessioni, spettri vendicativi e -addirittura- tira in causa il Diavolo in persona in una confusa spiegazione sul perché il fantasma della piccola vittima sia tanto malvagio. Se al quadro aggiungiamo l'invadente uso di computer grafica (terribile la scena con i pipistrelli che invadono la casa), una lunghezza decisamente eccessiva (105 minuti) e gli immancabili (tipici nella filmografia di Soraya) twist narrativi, diventa chiaro come The doll costituisca il classico anonimo horror orientale, girato fiaccamente e senza stile con il pilota automatico e destinato ad un pubblico onnivoro di immagini, per quanto a digiuno di storie. Storie, sempre più rare, che abbiano un senso e, soprattutto, che siano vagamente verosimili. Realizzato nel 2016, in seguito alla crescente produzione artistica di Soraya (con altri due film sui pupazzi, The doll 2 e Sabrina) destinata a raggiunge l'apice con la serie Il terzo occhio, The doll ha trovato diffusione internazionale all'inizio del 2019, arrivando addirittura (pur se solo in streaming) a raggiungere gli USA, paese nel quale le distribuzioni cinematografiche sono notoriamente prevenute nei confronti del cinema orientale.
"Come un caro ricordo è conservata
quella bambola sopra il cassettone:
È mal vestita, ha la testa pelata,
eppure mette quasi soggezione.
Si stupisce fra sé la nipotina,
che la nonna, così seria e severa,
abbia giocato anch’essa da bambina
con quella vecchia bambola di cera." (Lina Schwarz)
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