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Ve ne dovevate andare

Regia di David Koepp vedi scheda film

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La recensione su Ve ne dovevate andare

di Furetto60
6 stelle

Thriller/horror non molto originale, ma con un'atmosfera suggestiva, regala qualche piccolo brivido.

Quando si affitta una casa utilizzando la rete, si può rischiare di prendere una bella buggeratura. Al sottoscritto è capitato. L’abitazione scelta con queste “moderne modalità”, da due coniugi, con una bimba di 6 anni Ella, è sita nel profondo Galles rurale e apparentemente sembra un buon affare: lussuosa, nuova, circondata da un’ampia radura. La coppia sta attraversando un periodo di crisi, Susanna, alias Amanda Seyfried, è molto presa dal suo lavoro di attrice “hot” sul set lavora con meticolosa immedesimazione e in più è talmente focosa che si concede due relazioni contestuali e non dichiarate, ovviamente. Theo un Kevin Bacon d’annata, ex detective in pensione, tormentato da frequenti incubi è più anziano, con un passato burrascoso, già al suo secondo matrimonio, è stato in precedenza indagato per il presunto omicidio della sua prima moglie e dopo un processo balzato tristemente e drammaticamente agli onori delle cronache, è stato assolto in tribunale, ma non per la pubblica opinione. Dunque una bella vacanza per superare i problemi matrimoniali, ma quando mai ha funzionato!!perlomeno nel cinema è sempre stato un disastro. La storia tutta girata in questo edificio maledettamente bizzarro, procede tra attriti di coppia, apparizioni e spaventi, appare una donna presumibilmente morta, in una vasca da bagno traboccante di acqua sporca.  I due litigano aspramente quando lui scopre il secondo cellulare “galeotto” e decide di allontanarla bruscamente da casa, restando in compagnia della figlioletta di 6 anni. Non l’avesse mai fatto, quella casa diventa la sua prigione e il  tentativo  notturno di andarsene a piedi fallisce miseramente, dopo una lunga camminata si ritrova al punto di partenza, in questo passaggio  rammenta “vivarium” la casa è molto singolare, più grande fuori che dentro, sfidando le leggi della fisica, oltre che quelle della logica, con le pareti ad angolo ottuso, quindi con un’architettura bizzarra e inquietante, dalla geometria gelida, isolata nel nulla; scopriremo poi, che la casa non ha un “corpo e una forma  definite”: si apre continuamente in ulteriori piani e stanze e corridoi, dove tra salti temporali e visioni oniriche, lo scenario perde il senso razionale, inoltrandosi nel territorio metafisico. L'idea della casa proteiforme è intrigante e il film è sostenuto da una discreta sceneggiatura. La simbologia del regista Koepp è abbastanza elementare: Il labirinto della casa non è altro che la proiezione di quello della mente. Peccato che lo scioglimento sia un tantino deludente; tuttavia  la pellicola si lascia seguire con piacere, anche se si dimentica in fretta. Tratto da un romanzo di David Kehlmann e di produzione Blumhouse, un film prevedibile, ma con suggestiva atmosfera, regala  qualche brivido.

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