Regia di Miroslav Terzic vedi scheda film
All'inizio degli anni Novanta, prima che la ex Jugoslavia deflagrasse in una indicibile lotta fratricida, in Serbia si verificarono molti casi di bambini rapiti e venduti a famiglie agiate. Lo schema era sempre lo stesso: la madre veniva sedata e, al suo risveglio dopo il parto, le veniva detto che il bambino era morto e, per questo, ne sconsigliavano la vista. Tra le tante donne che subirono quel martirio psicologico c'è anche Ana (Snezana Bogdanovic, eccellente), personaggio di finzione, mite sarta di Belgrado convintissima che suo figlio sia tutt'altro che morto. Suo marito nicchia, sua figlia non ne può più e le amiche la prendono per una delirante. Ma la verità, a poco a poco, verrà a galla.
Partito anche da una ricerca personale, il regista Miroslav Terzic si appoggia a un soggetto scritto da Elma Tataragic, già autrice di Dio è donna e si chiama Petrunya, riuscendo a restituire impeccabilmente l'atmosfera omertosa che aleggia indistintamente tra istituzioni e rapporti privati e costruendo un dispositivo narrativo in crescendo, senza concedere nulla alla spettacolarizzazione, ma lavorando continuamente per sottrazione. Talmente per sottrazione che, a tratti, il film - parente alla lontana del capolavoro eastwoodiano Changeling - perde mordente. In Serbia, chiariscono i titoli di coda, "sono più di 500 le famiglie che stanno cercando di ritrovare i loro bambini".
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