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Pink Wall

Regia di Tom Cullen vedi scheda film

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La recensione su Pink Wall

di supadany
6 stelle

Torino Film Festival 37 - Concorso Torino 37.
L'amore non è bello se non è litigarello. Chiaramente, un po' di pepe non guasta, anzi può contribuire alla cementificazione di un rapporto, sempre se il resto viaggia a gonfie vele, se non piombano dal nulla novità che tagliano le gambe.
Comunque vada a finire, per quanto la corda prima o poi possa spezzarsi, i ricordi dei giorni felici - quelli in cui tutto ciò che è esterno alla sfera sentimentale conta meno di zero - non potranno mai essere estirpati. Semplicemente, potrebbero riemergere in funzione degli stimoli, senza un ordine precostituito e occasionalmente.
Jenna (Tatiana Maslany) e Leon (Jay Duplass) si sono conosciuti su una dance floor, mentre la ragazza ballava sensualmente la musica che lui, in veste di dj, mixava.
Nei sei anni successivi, la loro relazione vivrà di alti e bassi, passando dalla luna di miele che contraddistingue l'amore nei primi tempi, fino agli scontri sugli obiettivi a lungo termine con, in mezzo, momenti di elevata complicità e quelle piccole incomprensioni che sorgono tutti i santi giorni.

 

Tatiana Maslany, Jay Duplass

Pink Wall (2019): Tatiana Maslany, Jay Duplass

 

Anche se ai cinefili dicono poco o nulla, i nomi impegnati in Pink wall sono tutt'altro che degli sprovveduti, sufficientemente prestanti per discettare un tema ripreso di continuo mantenendo il controllo della scena. In primis, Tatiana Maslany sfodera una sicurezza impeccabile, maturata in serie televisive già cult (Orphan black le ha fatto riempire di premi la bacheca). Nello stesso settore, Tom Cullen si è costruito una solida reputazione (Downton Abbey, Knight fall, Black mirror), prima di fare il grande salto alla regia. Infine, Jay Duplass ha lavorato principalmente per il piccolo schermo, tra serie televisive (Togetherness) e produzioni volute dalle piattaforme streaming (Manson family vacation, Rainbow time, Duck butter).

La mescolanza delle loro sensibilità, fa sì che Pink wall colga un suo peculiare equilibrio, pur ispezionando un territorio battuto ripetutamente in lungo e in largo.
La caratteristica cruciale risiede nella composizione, che copre sei anni di vita di una coppia, condensando ogni stagione dell'amore in un evento, non per forza di cose spartiacque ma comunque identificativo dello stato di viaggio. Inoltre, non segue la consecutio. In questo modo, emana un gusto meno rotondo, l'incipit e la conclusione predispongono striature non allineate alla routine (la fioritura dell'alba, la nebbia del tramonto), mentre le fasi del ciclo riassumono un po' tutto l'arcobaleno sentimentale.
Pertanto, ecco la chimica travolgente degli inizi, la confidenza instauratasi con la conoscenza, i parapiglia quotidiani per delle inezie, i grandi progetti e i dinieghi che falciano l'euforia, le proposte inclusive e i tradimenti che sgretolano ogni certezza.
Con questo modus operandi, Pink wall evita il collaudato movimento dei film romantici, che iniziano in crescendo e poi invertono la rotta andando in calando, impaginando un montaggio delle emozioni di matrice caleidoscopica, senza elementi neutri (a parte un dialogo di gruppo fuori misura), tra risate e lacrime, cenni d'intesa e crisi isteriche.
Niente di travolgente, ma circostanziato quanto basta per circoscrivere una specifica identità.
Aperto.

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