Regia di Riley Stearns vedi scheda film
Un timido impiegato solitario viene aggredito da un gruppo di motociclisti, una sera. Decide perciò di iscriversi a una scuola di karate, dove incontra un maestro che lo prende in simpatia e lo trasforma in un vero guerriero.
Si possono usare maniere pacifiche per scopi violenti, oppure si può usare la violenza per scopi pacifici: questa è la morale de L’arte della difesa personale, messa in bocca al deuteragonista nella sequenza finale. Tutt’altro che banale, tutt’altro che scontata, tutt’altro che prevedibile – soprattutto – alle luce della trama dell’opera, che si sviluppa approssimativamente in tre sezioni: un prologo da commedia, una parte centrale thriller e un finale di nuovo leggero, ma sapientemente venato di nero. Eccellente il copione, gradevolissima la regia: per essere al suo secondo lavoro, Riley Stearns lascia davvero un’ottima impressione di sé; allo stesso modo Jesse Eisenberg sa fluttuare agilmente fra il ruolo del contabile gracilino e introverso e quello del maschio alfa che non esita a schiacciare chiunque si frapponga fra lui e il suo obiettivo (certo, spesso questo salto di carattere risulta un po’ eccessivo e artefatto, e questa è la nota meno positiva di tutto il lavoro). Altrettanto convincenti sono poi gli interpreti di contorno, dal mellifluo Alessandro Nivola alla dimessa Imogen Poots, passando per Philip Andre Botello, Steve Terada e David Zellner. Cento minuti che scorrono tutti d’un fiato. 8/10.
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