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One Second

Regia di Zhang Yimou vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su One Second

di laulilla
8 stelle

In un’oasi nel cuore d’un deserto cinese, durante la Rivoluzione Culturale, era sorta una sala cinematografica, attrazione per i residenti, e per chi, vivendo nelle oasi limitrofe, richiamato dalla magia del cinema, era disposto ad attraversare a piedi dune e declivi sabbiosi per godersi lo spettacolo.

Una sera, al termine dell’ultimo spettacolo, se ne era arrivato Zhang (Zhang Yi), piccolo uomo lacero negli abiti, zoppicante e dolorante per il tanto camminare, desideroso di vedere non tanto il film, del quale poco gli importava, quanto il cinegiornale la cui bobina si trovava nella “pizza” n. 22.
Aveva saputo che qualche fotogramma riprendeva il volto di sua figlia, l’amata bimbetta che non vedeva da sette anni, ovvero da quando l’avevano trasferito in un campo di lavoro - dal quale era in fuga - per una pesante condanna penale.

Ne conservava il ricordo, ma quel volto veniva da un remoto passato e perdeva a poco a poco i suoi reali contorni. L'aveva aiutato, durante la sua evasione, il pensiero che avrebbe ritrovato l’immagine di lei nel presente, fissata in quella pellicola, forse per un attimo brevissimo, da un cineoperatore: magia del cinema! 

Al suo arrivo, di notte, l’ultimo spettacolo era finito, il cinema era chiuso e gli addetti ai lavori se n’erano andati a bere un po’ di te, abbandonando le “pizze” incustodite: Zhang poteva dunque rubare la n.22 e chiedere la proiezione di quel cinegiornale che gli riportava la "vera" sua figlia.

Quella bobina, purtroppo, interessava anche a Liu (Liu Haocun) – piccola adolescente che la reclamava per sé: per averla anche lei aveva attraversato il deserto ed era pronta a contenderla a Zhang, battendosi contro di lui con rabbiosa aggressività. Fra inseguimenti e botte, la tenzone si svolge senza esclusione di colpi nel paesaggio desertico, in mezzo alle dune, dove la bobina era stata coperta dai venti sabbiosi e la  pellicola, infine, era stata schiacciata e srotolata dalle ruote di un automezzo di passaggio, per essere trascinata fino all’oasi, dove il pubblico attendeva impaziente l’impossibile inizio della proiezione. 

 

Mister Cinema avrebbe risolto la situazione, usando le proprie conoscenze e soprattutto coinvolgendo la folla numerosissima, nella delicatissima operazione di ridistendere la pellicola, lavarla e asciugarla,  rendendone possibile la visione e permettendo a Zhan di realizzare il suo sogno.

 

 

 

 

Grande e commovente omaggio al cinema di pellicola, alla sua suggestione, alla necessità di non perderne la memoria nell’epoca del predominio del cinema digitale, che tende ai colori pallidi delle immagini, oltre che a deformare i contorni delle cose e dei personaggi, il film è anche un grande mosaico di citazioni dal cinema occidentale (dalla lanterna magica al cinema muto; da Chaplin ad Allen, da Kubrick a Tornatore) e di autocitazioni, nelle quali  l’eccezionale profondità del colore si accompagna alla passione per la bellezza nitida degli scenari naturali e per il combattimento come danza.

Indimenticabili, inoltre, le scene di massa, i momenti dell’attesa febbrile, in sala e fuori, per la narrazione cinematografica, magia grazie alla quale il presente acquista la funzione mitica e catartica del teatro classico, la capacità di far ridere e piangere sublimando gli istinti, smorzando le tensioni e stimolando la riflessione sul valore - e sui valori - della vita.

 

 

Questo film, ha subìto numerose traversie e ha incontato molte difficoltà per farsi conoscere in patria e anche in Occidente, per probabili pressioni del governo cinese, che, con la scusa dei problemi tecnici (censura?), ne ha bloccato la circolazione per due anni. Passato nelle nostre sale, che stanno privilegiando i film "natalizi" per le famiglie e per i bambini.

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