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Farewell to the Night

Regia di André Téchiné vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Farewell to the Night

di alan smithee
6 stelle

BERLINO 2019 - CONCORSO / CINEMA OLTRECONFINE

Quando una tenace imprenditrice agricola di nome Muriel, che gestisce una proprietà coltivata a mandorli assieme ad un centro di equitazione nel sud-ovest della Francia, viene avvisata del ritorno dell'adorato nipote presso la sua proprietà, ella, ben lieta del ritorno del suo erede, nota anche che qualcosa, nell'atteggiamento ora torvo, ora quasi straniato, ma dapprima abitualmente sereno e vitale del giovane, è cambiato.

Scopriremo, con l'evolversi della storia, che il giovane, influenzato dalla bella fidanzata di origine nordafricana, si è convertito all'Islam. Circostanza che stupisce la nonna, ma anche la incuriosisce, considerando la generale indifferenza della donna per ogni tipo di culto religioso, e considerando i suoi ormai lontani trascorsi in Algeria, quando ancor giovanissima, si interessava di mandare avanti una fiorente azienda agricola operativa in territori dominati da quella cultura e quei costumi religiosi.

Ben diversa tuttavia, sarà la reazione della donna, ed in relativo turbamento di coscienza, quando ella apprenderà che il nipote sta frequentando un gruppo legato alla fazione più estrema delle comunità religiose musulmane, e che le sue intenzioni di trasferirsi in modo definitivo in Canada con la sua compagna, nascondono ben altre e più tragiche trame e missioni premeditate con deliberate mire risolutive dalla struttura che ha finanziato e preparato, fisicamente e mentalmente, il giovane alla ribellione contro i dogmi dell'occidente.

La decisione di bloccare sul nascere i pericolosi propositi del nipote, comporterà per la donna un profondo turbamento che sarà in grado di toglierle per sempre la serenità e l'amore incondizionato per la propria attività ed il proprio mondo, da sempre legato alla natura e alle colture.

Affezionato alla regalità scenica della sua attrice preferita, la sempre splendida Catherine Deneuve, André Techiné torna in regia con un falso thriller che evita anche pedanti passaggi di denuncia, ma si arrischia comunque con lucidità e senso del racconto, su tematiche scottanti e delicate, restando tuttavia saldo e concentrato sulle sfaccettature dei singoli personaggi.

Ne scaturisce un confronto generazionale, oltre che culturale, dagli effetti notevoli, alla cui riuscita contribuiscono non poco, oltre alla sensibilità del suo autore, la presenza scenica e il divario anagrafico e culturale che separa due personaggi perfettamente resi dalla già citata attrice cardine della cinematografia francese, qui coadiuvata da uno degli ormai ex "enfant prodige" più versatili e motivati del momento: l'esile ma tenace e nervoso Kacey Mottet Klein, giovanissimo d'età, ma con una robusta ed esemplare carriera di cinema d'autore già alle spalle (gli esordi da bambino con Ursula Meyer, in Home e Sister, poi adolescente in Keeper, Quando hai 17 anni, sempre di Techiné, e molto altro ancora; un concentrato di controversi fasci nervosi e albergo vivente ospitante disagi esistenziali che tracciano burroni tra due culture sempre troppo difficilmente conciliabili; una scelta attoriale che appare tra le soluzioni più strategicamente azzeccate della pellicola.

 
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