Regia di Gilles Grangier vedi scheda film
Proprietario della maggiore compagnia di pescherecci del porto di La Rochelle, Francesco Cardinaud (Jean Gabin) è un uomo di umili origini che si è fatto strada con intraprendenza e tenacia e per questo è invidiato e detestato da chiunque. Quando sua moglie Marthe (Monique Mélinand) lo tradisce col debosciato Mimile (José Quaglio), vecchia fiamma appena ritornata dal Gabon, la comunità tutta esulta malignamente, vedendo nella scappatella della moglie un duro colpo al prestigio del coriaceo Cardinaud. Francesco inizia così una ricerca instancabile, dapprima ignaro dell'accaduto ma rendendosi gradualmente conto, complici i pettegolezzi e le frecciatine di cui è oggetto, di essere un cornuto patentato. Scortato nelle perlustrazioni dal rissoso amico Drouin (Paul Frankeur), proprietario di una nave da trasporto col dente avvelenato nei confronti di Mimile, scova finalmente i due amanti clandestini sull'île de Ré (situata di fronte a La Rochelle), ma l'epilogo è assai diverso del previsto... Tratto dal romanzo di Georges Simenon "Le Fils Cardinaud" e adattato dal regista Gilles Grangier insieme al mostro sacro Michel Audiard (anche autore dei dialoghi), "Sangue alla testa" a ben vedere non è un vero e proprio noir, quanto piuttosto un singolare ibrido tra mélo e detective story senza tuttavia seguire fino in fondo la logica né dell'uno né dell'altra. In realtà - e trattandosi di un adattamento da Simenon non potrebbe essere altrimenti - gli autentici centri d'interesse del film sono altri due: le psicologie e l'ambiente sociale. Le personalità dei vari personaggi sono delineate con sottigliezza e incisività, grazie a caratterizzazioni sicure dal punto di vista sentimentale (la moglie di Cardinaud si sente un'estranea a casa sua e vede nella scappatella con Mimil un vitale ritorno alla giovinezza) e sapientemente sfumate nei dialoghi ricchi di sottintesi e arguzia (all'istitutrice dei figli che si fa maliziosamente avanti con Francesco approfittando dell'infedeltà della moglie, Francesco replica: "Vi pago per occuparvi dei miei figli, non per farmene uno"). Lo studio psicologico non si limita però alla definizione statica dei caratteri, lasciando spazio a elaborazioni e ripensamenti che vanno indovinate nei comportamenti e nelle espressioni (in questo Gabin è insuperabile: basta un'occhiata o un cipiglio per farci percepire la ruminazione interiore). L'altro fulcro drammatico del film è senz'altro la descrizione del microcosmo di La Rochelle, centro portuale sulla costa atlantica e inequivocabile emblema della realtà provinciale negli anni '50 (dove i contrasti tra le varie classi sociali sono ancora perfettamente leggibili). Cardinaud è il classico "homo novus" scaltro e implacabile negli affari, ma rigidamente obbediente ai riti borghesi e tollerato a stento dai membri di quella classe agiata che lo ritengono immancabilmente un "parvenu". L'abbigliamento illustra perfettamente la sua doppia natura di cittadino ingessato e lavoratore inesorabile: appesantito da un cappotto con le spalle tondeggianti e da un cappello scuro troppo calcato quando indossa l'uniforme borghese, slanciato da un giaccone di pelle nera e da stivali alla coscia quando imperversa nel mercato del pesce. Ma se "Sangue alla testa" coinvolge e convince nei suoi aspetti psicologico-sociali, in quelli squisitamente cinematografici risulta piuttosto deludente e deficitario. La messa in scena del mestierante Gilles Grangier è piuttosto meccanica e un intrigo così carico di astio comunitario avrebbe certamente avuto bisogno di una mano più spregiudicata e feroce (Henri-Georges Clouzot sarebbe stato il regista ideale). Certo, Grangier si tiene alla larga da calligrafismi e prolissità, ciononostante il tentativo di disegnare il contesto ambientale di La Rochelle e dintorni è troppo episodico e intermittente per determinare un'interazione significativa tra spazio e racconto. Da segnalare comunque un uso discreto della profondità di campo (soprattutto negli interni) e qualche squarcio portuale sufficientemente esatto (l'assistente alla regia è Jacques Deray, futuro autore de "La piscina", 1969, e "Professione: poliziotto", 1983).
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