Regia di Carlo Lizzani vedi scheda film
Buona ricostruzione dello specialista Carlo Lizzani ("Requiescant", "Banditi a Milano", "Torino Nera"), che mette in scena gli ultimi giorni di Benito Mussolini. Il premio Oscar Rod Steiger (strepitoso), che ricordiamo protagonista con Coburn nel leoniano Giù la Testa (1971), fornisce una solida interpretazione di un duce ormai spento di ogni entusiasmo e in completa balia di tutti gli altri protagonisti della storia, dai partigiani agli americani, passando per i nazisti. Un leader divenuto macchietta e parodia di sè stesso, un fantoccio incapace di prendere alcuna decisione neppure quella che sarebbe stata più logico prendere: eliminarsi. "Me ne frego!" urla ai tedeschi, riottoso nel seguire i loro ordini. Un atteggiamento che costringe i "crucchi" ad armare fucili e mitragliatrici, con l'ex numero uno dell'Italia che, alla James Belushi in Danko ("Un vero poliziotto di Chicago non abbandona mai la propria arma..."), si rivolge ai propri vertici dicendo: "va beh, per un po' facciamoci seguire da loro..." Il fuoco del condottiero si affievolisce sempre più, esautorato di ogni potere. Manifesta di odiare gli americani e gli inglesi più dei tedeschi, salvo poi cercare di inviare una lettera a Churchill per chiedere garanzie e sperare poi, data l'impossibilità di comunicare con lo stratega albionico, di esser liberato dagli americani. Costretto a svestire la divisa italiana e a indossare quella tedesca per darsi alla fuga, dopo aver constatato che di tutti i suoi squadristi sono rimasti dodici ragazzini, abbandona i propri fedeli (alla Schettino ante litteram) in mano al nemico per cercare la salvezza personale in quanto è colpa loro se i partiginai stanno imperverando come i calibri pesanti del Milan di Sacchi contro il Barcellona. Smascherato dai partigiani, gentilissimi nei suoi confronti (nel film) con tutti gli onori del caso, viene beffeggiato dai nazisti stessi: "il camerata è un po' ubriaco." Spostato da un rifugio all'altro imbacuccato come una mummia per non farsi riconoscere, indotto a scrivere lettere sotto dettatura dove dichiara che il trattamento ricevuto dai partigiani è stato buono (con tanto di autografo). Cerca di negare di esser responsabile dei fatti accaduti, spacciandosi addirittura per pacifista (!!!???). Sorvegliato in camera da letto e seguito da una commovente Claretta Petacci (l'ottima Lisa Gastoni, reduce da La Seduzione di Fernando Di Leo), si muove in balia degli eventi alla stregua di una boa abbandonata nel cuore di un oceano tempestoso. Alla fine viene fucilato ingloriosamente dal colonnello Audisio interpretato da un attore che ha persino un beffardo cognome (Sparanero) trincerato sotto lo pseudonimo Nero.
Lizzani, coadiuvato in scrittura da Fabio Pittorru (che ricordo autore delle sceneggiature dei thriller di Miraglia e anche del western El Macho), smitizza la figura carismatica del leader maximo italiano, la rende umana, fragile e debole, ma anche incoerente, allucinata e infedele. "Indietro? Nemmeno per prendere la rincorsa" diceva qualcuno. Mussolini si ritrova uomo solo, abbandonato da tutti, ma non dall'amante sebbene lui stesso abbia mandato una lettera alla moglie garantendole, alla Alan Sorrenti, che lei è stata la sua unica donna nella vita, aggiungendo "che abbia amato"... perché la fedeltà, Mussolini, poco sapeva cosa fosse tanto che persino l'amante si abbandona in scenate di gelosia nei confronti di una terza donna definita "sgualdrina".
Un insieme di attori secondari completano un cast artistico dove vediamo Henry Fonda, Lino Capolicchio, Giacomo Rossi Stuart, Franco Nero, Umberto Raho e altri, nomi che hanno fatto grande il cinema italiano e soprattutto quello di genere. Un bel film, indubbiamente, caratterizzato da un discreto ritmo e da notevoli interpretazioni.
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