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Mussolini ultimo atto

Regia di Carlo Lizzani vedi scheda film

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La recensione su Mussolini ultimo atto

di Texano98
7 stelle

Affresco storico eccessivamente bistrattato, questo film di Lizzani ha dalla sua alcuni pregi. Primo fra tutti una regia dalla mano ferma, giocata su quadri glaciali di una Lombardia che sembra come fuori dal tempo, una terra raggomitolata fra sparuti colpi di mitraglia che preannunciano la fine della conflitto, culminante con la redenzione brutale di un intero popolo, lí, quel fatidico 29 Aprile, a Piazzale Loreto. Anche i dialoghi sono secchi, scritti per sottrazione, e ci restituiscono un’Italia che è punto d’incontro momentaneo fra lingue, culture e ideali lontanissimi fra loro. Su questo palcoscenico si muovono uomini (anch’essi fuori dal tempo, cosi distanti dai costumi della nostra società odierna) coinvolti in lotte alla luce del giorno ma anche, e soprattutto, in conflitti sotterranei, meno noti, dove si confrontano i partigiani delle Brigate Garibaldi, il CLN, gli emissari del Governo del Sud, la chiesa ed altri numerosi attori che già si preparano alla Guerra fredda che verrà. Lizzani gestisce questo grande intreccio evitando di precipitare in una facile confusione, tiene a freno perfino Morricone e Steiger, quest’ultimo eccelso nell’interpretare un Mussolini pallido, quasi catatonico; un uomo ombra di sé stesso, dimentico delle sue doti da teatrante, corroso al tempo stesso da rimpianti e megalomania, straniero fra gli stranieri, d’ora in ora sempre più incerto sul cosa fare di sé e dei pochi fedeli che ancora gli svolazzano intorno. Del regime non resta che qualche architrave ammarcita, una scenografia piena di polvere e senza più protagonisti. L’intero contesto storico viene ricostruito con amore per il dettaglio e un certo minimalismo, si pensi alla chiamata degli operai nelle fabbriche; con ancora la tuta blu indosso, eccoli annodarsi al collo un fazzoletto rosso, per poi dirigersi ad impiantare bandiere rosse (e una significativa bandiera italiana) sopra i tetti dello stabilimento: come ricostruire, nel giro di pochi istanti, lo spirito di quel vasto e sfaccettato movimento popolare che fu la Resistenza. Lo scoppio della guerra e il ventennio mussoliniano, parimenti, vengono narrati attraverso frammenti di cinegiornali, accompagnati da poche battute di un duce ancora in forze (per quanto confuso e già tendente all’irrazionalità), circondato da fedelissimi, con un intero popolo stretto in pugno. Dopo aver ermeticamente delineato vincitori e vinti, tiranni e patrioti, questo Ultimo Atto cerca infine di mostrare l’umanità dietro ciascuna maschera, indifferentemente dalla causa per cui si batte, sia egli fascista o antifascista, americano o tedesco – un aspetto cruciale nel rendere memorabile quella che altrimenti sarebbe stata “banale” ricostruzione storiografica, più consona al campo documentaristico che a quello cinematografico. Dopo aver esaminato i punti che rendono interessante quest’opera, senz’altro si nota, mentre ci si avvia alla fatale conclusione dell’intreccio, un lento sfilacciamento dei pregi appena citati, con una certa ridondanza nel descrivere sempre la stessa situazione (Mussolini aspetta la fine, mentre i partigiani non sanno come muoversi), sprecando minutaggio che avrebbe potuto esser speso per approfondire l’egregia analisi umana oppure quella storica.

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