Felix Chong è tra le menti più creative del moderno cinema di Hong Kong, penna raffinata che ama mettere in scena con dovizia neo-noir tanto cupi quanto raffinati (trilogia di Infernal Affairs).
Nel corso degli anni il buon Chong, spinto dal suo compare Alan Mak, ha deciso di impugnare pure la macchina da presa partorendo subito una trilogia anomala (legata dagli stessi attori ma non dalla continuity narrativa) ricca di intrighi e guizzi registi tecnologici ed abbaglianti (co-diretta sempre con l'amicone Mak).
Conclusa questa rapida carrelata introduttiva possiamo focalizzarci su Project Gutenberg, film evento ad Hong Kong nel 2018 con lue sue 16 nomination agli Hong Kong Film Awards (vinti sette tra cui: miglior film, regia e sceneggiatura).
Allora il nostro simpatico regista-sceneggiatore ci propone un film assai particolare, in parte ispirato ai grandi classici hongkonghesi anni 80 (dopo tutto abbiamo Chow Yun-fat impegnato a contraffare banconote), senza però dimenticare una strizzata d'occhio a registi contemporanei, e allo stesso tempo legato ad una particolare idea di cinema tipica di Chong. Idea composta da trame fitte ed ingarbugliate, atmosfere cupe e drammatiche, regia raffinata (a tratti quasi pretenziosa) e colpi di scena del tutto inaspettati (non sempre azzeccati o comunque troppo destabilizzanti se paragonati con l'impianto narrativo costruito in precedenza); elementi riscontrabili ovviamente in questo film (pregi e difetti inclusi).
Tra gli aspetti più interessanti troviamo le lunghissime sequenze dedicate alla contraffazione di denaro (William Friedkin approva senza dubbio XD) e Chong si diverte scendendo nei minimi particolari senza però annoiare lo spettatore poichè ricorre ad una regia, in quei frangenti, post-moderna e dinamica con dettagli ultra-ravvicinati, montaggio incalzante, zoomate improvvise ed enfatici movimenti selettivi/estensivi.
Validissimi poi i due gunfight centrali.
Il primo consiste in un dirottamento ad un portavalori della polizia e Chong propone un approccio realistico e dirompente a metà tra Ringo Lam e Dante Lam per concludere poi con un long take (con panoramica laterale) solenne e geometrico alla Johnnie To con tutti i soggetti in scena che sparano contemporaneamente; inoltre ultimo ma non ultimo abbiamo Fat che impugna due pistole rievocando i fasti di John Woo.
Woo rievocato nella seconda sparatoria ambientata n una sorta di resort militare di un signore della droga. La sequenza al contrario della precedente, presenta delle scenografie d'azione più elaborate al punto che Fat compie una capriola volante impugnando un bel fucile a pompa. Sequenza che nel finale deflagra totalmente ricordando invece il recente Operation Mekong di Dante Lam.
Invece ciò che reputo poco incisivo sono le sequenze strettamente melò, sempre raffinate ma alla lunga noiose.
Pure il finale inaspettato mi ha convinto poco (in particolare modo le ultime due sequenze che ripropongono istanze melò).
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