Regia di Kwok Cheung Tsang vedi scheda film
I Gaokao non finiscono Mao.
Bignami di pedagogia del diritto svolto sul campo, tanto pseudopodo dell'apparato quanto pungolo allo stesso, l’opera quarta (un paio co-dirette con Chi-Man Wan) di due ore e passa dell’attore Derek Kwok-Cheung Tsang, scritta da Lam Wing Sum, Li Yuan e Xu Yimeng - con qualche dialogo didascalico di troppo che (r)allenta e appesantisce la parte che vede coinvolte le forze dell’ordine investigative - basandosi su “In His Youth, In Her Beauty” (il cui primo sintagma, declinato asessualmente, costituisce il titolo originale del film, traslitterato: "Shao Nian De Ni"), novella young adult di Jiu Yuexi pubblicata dalla Jinjiang Wenxue Cheng, casa editrice online (tipo “IlMioLibro”, ma a livello cinese), “Better Days” (questo il titolo di distribuzione internazionale), che perde durante la traslazione dalla pagina scritta elettronica allo schermo cine-televisivo la balbuzie della co-protagonista (interpretata da un’ottima Dongyu Zhou, classe 1992 che, ventiseienne all’epoca delle riprese, impersona una non ancora diciottenne, mentre la sua controparte è costituita da un bravissimo Jackson Yee, classe 2000, frutto caduto lontano dall’albero di un talent show ) e che si avvale della fotografia di Yu Jing Pin [consapevole, intelligente ed emozionante il lavoro sui primi e primissimi piani, così come quello sulla gestione dello spazio nelle scene corali e del paesaggio in quelle (raf)figurative], del montaggio Zhang Yibo e delle musiche di Varqa Buehrer (mentre la produzione sino-hongkonghese vede la partecipazione di GoodFellas, Shooting e FatKids: divertente, per un film che parla di bullismo), è una via di mezzo fra il cinema di - ad esempio - Kim Ki-duk, Takashi Miike, Park Chan-wook e Jia Zhang-ke e l’indie-romance cosmopolita: se si è in cerca di un pugno nello stomaco, rivolgersi a “la Samaritana” (o “An Elephant Sitting Still” di Hu Bo), se si è in cerca di uno svago intelligente sul growing-up scolastico, rivolgersi a “BookSmart”: questo è una crasi fra le suddette tipologie di cinema, è un - giusto per rimanere s'un film dello stesso anno - “First Love” filtrato dal drama della Trilogia della Vendetta (con un twist più contenuto, pacato e parco), nel quale la parte più violenta - “Disciplina”, “Lavoro Duro”, “Nessun Rimpianto” - è senz'altro quella dedicata agli esami di maturità (Xi Jinping e il Franceschini cinese "avrebbero" dovuto "ritoccare" quella sezione invece di mettere la postilla finale che sfocia in una teneramente propagandistica Pubblicità Progresso filogovernativa stile “se lo conosci lo eviti, se lo conosci non ti uccide”), anche se non è quella parte del sistema (“Forse non ha retto alla tensione…”) a non funzionare (che, semmai, iperbolicamente e paradossalmente, non è inverato e perseguito appieno, ed uno dei dirigenti scolastici ne pagherà le conseguenze disciplinari), ma, per l’appunto, quella legislativa, più ancora dell’applicazione delle normative vigenti da parte della polizia. Comunque, avercene. E infatti ce ne sono.
* * * ¾ - 7½
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Affascinato e catturato da entrambe le recensioni (@ilcausticocinefilo e la tua) su un romanzo di formazione che mi intriga molto visionare, anche solo per il finale "buonista" impartito dal CCP ;)
Curiosa poi la propaganda dello Stato Cinese che ormai di comunista c'ha ben poco, soprattutto sarebbe interessante riesumare e riscoprire il Cinema cinese ampiamente soppiantato dal suo omologo hongkoghese per tutto il Novecento.
Chissà se un giorno nascerà una nuova corrente di cineasti cinesi più libera e meno legata alla censura del governo, magari puntando sulla qualità cinematografica più che al forte nazionalismo intimo ma crescente.
L'esperimento animato di Bigfish & Begonia fa ben sperare, anche perché le potenzialità ci sono e le storie da raccontare infinite. Per ora mi pare che rincoranno il becero modello statunitense dei blockbuster, ma in futuro (visto l'assedio politico-mediatico-militare USA+alleati) l'inversione culturale più verso l'Oriente che all'Occidente potrebbe costituire la genesi di una coscienza artistica in grado di riscoprire anche l'eredità imperiale e culturale del proprio Paese (che già sta avvenendo nei leader).
Fantasie, illazioni, ipotesi, sogni ma che nella Cina hanno sempre trovato terreno fertile sorprendendo il Mondo più di una volta. Sperem.
"Buonista", no. Piuttosto, come ho scritto, da Pubblicità Progresso (lodevole istituzione che, se applicata al cinema, ne snatura... l'arte).
"Ormai di comunista c'ha ben poco": di comunista ha mai avuto alcunché. Oggi è il sogno bagnato di un capitalista trumpiano.
"Chissà se un giorno nascerà una nuova corrente di cineasti cinesi più libera [che punti] sulla qualità cinematografica."
C'è già. Jia Zhang-ke, Wang Bing, Zhao Liang & C. sono "giovani", nati tra la fine degli anni '60 e l'inizio dei '70. Il resosi defunto Hu Bo era del 1988. La prossima generazione verrà comunque, in un modo o nell'altro: alcuni faranno blockbuster (aperti al o contrastanti il mercato del Resto del Mondo), altri cinema "impegnato". Non credere che la stratificata censura cinese agisca peggio dell'autocensura o al tornaconto occidentale...
1) Tra virgolette infatti, sono curioso di vedere di persona la snaturazione finale, magari anche sul grande schermo se possibile.
2) Fino a Mao le influenze c'erano, poi concordo che sia diventato un capitalismo di Stato.
3) Grazie per la segnalazione, me li annoto subito per non perdermeli.
Comunque l'autocensura occidentale è meno soffocante di quella pechinese (e non solo nel Cinema).
1) Potrebbe anche essere stata volontà del regista chiosare a quel modo la propria opera: non ho indagato oltre, ma ne dubito.
2) Non ho intenzione di aprire qui e ora una discussione di storia politica, ma la risposta è no. Quello si chiamava maoismo, non comunismo. Punto.
3) E più insidiosa, capziosa, vile.
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