Regia di Steven Soderbergh vedi scheda film
Sotto la superficie del mondo della finanza globale scorre un sistema segreto che trasporta trilioni di dollari dal traffico di droga, dall'evasione fiscale, dalla corruzione e da altre attività illegali. Dietro tale sistema si celano individui che beneficiano degli aiuti di banchieri, avvocati e revisori di conti che vengono pagati per girarsi dall'altra parte. Ciò è quello che porta involontariamente alla luce Ellen Martin, una pensionata della classe media alla ricerca di risarcimento per la morte del marito.
Il cinema di denuncia sociale è piuttosto caro e di ottima ispirazione per Soderbergh, sia quand'è più implicita come nel recente Unsane sia quand'è più esplicita come in Traffic o addirittura presa da fatti di cronaca come in Erin Brockovich.
E Panama Papers si aggiunge a questo “filone” inserito nella filmografia del cineasta di Atlanta, raccontando l’omonimo scandalo finanziario del 2016.
Soderbergh decide di adottare il registro della commedia, legata alla sceneggiatura di Scott Z.Burns(già collabolatore in tre film di Soderbergh: The Informant!, Contagion e Effetti collaterali) con uno stile che tocca il surreale e che rompe la quarta parete alla maniera di Adam McKay in La Grande Scommessa senza però ingranare con quel ritmo e vivacità riscontrata in quella pellicola, arrivando fino a sequenze di meta-cinema. Nel complesso comunque la sceneggiatura è abbastanza originale ed efficace.
Sul piano registico Soderbergh(che è piuttosto eclettico da film a film) ricerca in quest’opera sia medio-brevi piano-sequenza volti per la maggior parte a valorizzare la recitazione degli attori, sia un montaggio(curato dallo stesso Soderbergh) abbastanza serrato che apre a sotto-trame per quanto dimostrative a volte troppo fini a se stesse.
In generale è davvero un’ottima regia, abbastanza tecnica ma non particolarmente virtuosa, con una fotografia(curata da Soderbergh) regolare ma non trascendentale.
Grandi nomi nel cast, chi in un breve cameo, chi di punta, si impongono: la grandissima Meryl Streep sempre sobira ed efficacie nella recitazione, un grande monologo finale, ma a mio parere lungi dalle sue miglior performance, non per demerito ma per distacco.
Poi abbiamo Gary Oldman e Antonio Banderas, il primo spinge un po’ sull’accento ma è convincente, il secondo a suo completo agio essendo quello di lingua madre.
Un film nel complesso decente, che porta alla luce uno scandalo cercando di spiegarne i meccanismi all’interno di una messa in scena con punte di originalità che trova un buon ritmo ma non sempre perfetto.
Voto:7 (v.o.s.)
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