Regia di Bill Condon vedi scheda film
Torino Film Festival 37 – Festa Mobile.
Chi la fa, l’aspetti. Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi. La vendetta è un piatto che va servito freddo. Chi rompe paga e i cocci sono suoi. Il lupo perde il pelo ma non il vizio. Chi semina vento raccoglie tempesta. Tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino.
Potremmo andare avanti ancora a lungo nell’elenco dei proverbi adatti alla descrizione de L’inganno perfetto, un thriller impaginato sull’imbroglio, un film in continuo rilancio che, come uno sciatore impegnato in uno slalom, inanella una serie sterminata di porte, cominciando a inforcarne una dopo l’altra non appena commette la prima sbavatura.
Roy Courtnay (Ian McKellen) e Betty McLeish (Helen Mirren) sono due ultrasettantenni che cominciano a frequentarsi dopo essersi conosciuti online.
Tra i due nasce un evidente feeling ma entrambi nascondono dei segreti e voluto questo incontro per portare a compimento un secondo fine.
Infatti, Roy è un truffatore patentato, deciso a conquistare la fiducia di Betty per svuotarle il ricco conto corrente, ma anche l’anziana non è la sprovveduta che sembra in prima battuta.
Il dado è tratto e la sfida sarà senza esclusione di colpi bassi.
L’inganno perfetto è l’ennesima collaborazione tra il regista Bill Condon e il leggendario Ian McKellen (Demoni e dei, Mr. Holmes – Il mistero del caso irrisolto, La bella e la bestia), la prima tra l’attore britannico e Helen Mirren. Un incontro sulla carta invitante, accolto da una confezione tirata a lucido ma anche danneggiato da troppe sbrodolate per chiudere un occhio e godersi il voluminoso spettacolo senza battere ciglio.
Infatti, lo storytelling è in avanzamento perpetuo, agganciato con un montaggio non sempre felice ma talmente funambolico da non concedere tregua, con tanto di ribaltamenti nei ruoli di preda e cacciatore, convinzioni frantumate ex abrupto e sostituite con altre nuove di zecca, sorrette da argomentazioni che, sommate tra loro, producono risultati contraddittori.
Trattasi di una zavorra rilevante poiché un congegno di questa tipologia deve contare come conditio sine qua non su un meccanismo a orologeria, qui messo a dura prova dallo scorrere degli eventi. Pertanto, è chiaro che il regista e gli sceneggiatori - Jeffrey Hatcher e Nicholas Searle, dal cui omonimo romanzo è tratto il film - siano interessati principalmente a produrre sostanziose quantità di energia cinetica, racimolare il massimo numero di coup de théâtre, spremere l’arte della menzogna ad nauseam e mettere in pratica un duello all’ultimo sangue, con tanto di aggancio storico e tappa a Berlino per smuovere una volta di più le acque e aggiungere sapore.
Una maionese a rischio impazzimento, inizialmente intrigante e in seguito minata dalla smania di strafare, con conti che non tornano, guizzi di humour e un’andatura tanto agile quanto precipitosa, In questo modo, passa in secondo piano la bravura degli interpreti, con Ian McKellen sugli scudi e Helen Mirren più sorniona, e la situazione comincia a fare acqua da tutte le parti fino ad arrivare a un pugno di rifiniture finali, una più inutile dell’altra.
In conclusione, il biglietto da visita de L’inganno perfetto prometteva (discretamente) bene ma, tirando una linea a valle della moltitudine di caratteristiche che affollano lo scenario, c’è una buona probabilità di ritrovarsi con un pugno di mosche in mano, sempre se non si finisce abbindolati dai tanti trucchi di prestigio proposti (la speranza dei realizzatori è chiaramente questa).
Incautamente eccedente.
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