Regia di Bani Khoshnoudi vedi scheda film
Il concetto di migrazione, come sradicamento, ma anche come ricerca di un'opportunità di avere un futuro, è il cuore di un'opera melanconica, ma speranzosa, che ci immerge in un senso di smarrimento e solitudine, ma anche ci conforta con l’insopprimibile capacità umana di adattarsi ad un nuovo ambiente e costruire nuovi legami.
Incontriamo a Vera Cruz, in Messico, Ramin, un giovane iraniano che desidera recarsi in Turchia e Grecia per arrivare in Europa e si ritrova, per ragioni inizialmente incomprensibili, nella città portuale messicana, ove si aggira smarrito, senza sapere una parola di spagnolo. Le sue video chiamate col fidanzato fanno trasparire il suo desiderio di riavvicinarsi a casa. Non sappiamo molto del suo passato in Iran, ma spaventose cicatrici che solcano la sua schiena ci fanno immaginare le peggiori persecuzioni.
Perduto in questa realtà a lui ignota, Ramin deve suo malgrado imparare ad integrarsi nella comunità e ad instaurare legami con la gente del luogo, persone che come lui vivono un senso di smarrimento, indipendentemente dal fatto che Vera Cruz sia il loro luogo di nascita o di temporanea adozione. Con Leti, la dolce gestrice della scalcinata pensione dove trova sistemazione, che si prende cura di un anziano zio e cerca di dimenticare l’abbandono del compagno, e che accetta di dargli una mano facendogli lezione di spagnolo. Con il macho Guillermo, un ragazzo dell’Honduras, conosciuto presso il cantiere edile in cui trova lavoro e che lo attrae con la sua virilità problematica, essendosi lasciato alle spalle un passato violento per coltivare il sogno di lasciare anche Vera Cruz per emigrare più a Nord, verso migliori opportunità.
Il concetto di migrazione, come sradicamento, ma anche come ricerca di un futuro migliore, è il cuore dell’opera melanconica, ma speranzosa della regista iraniana trapiantata in Messico Bani Khoshnoudi. In una Vera Cruz decadente e scalcinata, in cui i personaggi si muovono tra edifici in rovina, ciascuno con le cicatrici che il passato gli ha lasciato, ci immergiamo nel senso di smarrimento e solitudine di Ramin, tormentato dalla nostalgia per la vita lasciata in una patria a cui non può tornare, ma anche animato dall’insopprimibile capacità umana di adattarsi ad un nuovo ambiente, costruire connessioni umane con anime gemelle che parlano un’altra lingua e mettere pian piano radici nel nuovo mondo, facendosi ribattezzare nel più locale “Ramón” dall’anziano zio di Leti e assaporando una nuova libertà nella sfilata tradizionale del Carnaval.
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