Regia di Nat Faxon, Jim Rash vedi scheda film
Appena sposti un piede al di fuori dell’allineamento generale, vieni – ad andare bene - immediatamente osservato con sospetto. Addirittura, in alcune circostanze ti ritrovi affibbiate spiacevoli etichette, a essere visto come una pecora nera, un impostore che non merita di usufruire di attenuanti, al punto da venire cestinato senza ricorrere ad approfondite analisi.
Succede a Downhill, un oggetto filmico che, per derivazione e metrica, risulta facile da sbertucciare ma non per questo sprovvisto di elementi e implicazioni fortemente caratterizzanti.
In cerca di rilassatezza dopo un lutto, Pete (Will Ferrell) e Billie (Julia Louis-Dreyfus), due coniugi americani, trascorrono una vacanza sulle Alpi austriache insieme ai loro due figli.
Tutto procede tranquillamente fino a quando una valanga programmata li colpisce e Pete, pensando solo alla propria incolumità, scappa a gambe levate. Quantunque tutto si risolva senza nessun danno fisico, questa reazione istintiva spinge Billie a provare un inedito disagio nei confronti del marito.
I successivi comportamenti poco ortodossi di Pete, non faranno altro che peggiorare la situazione.
Downhill (2020): Julia Louis-Dreyfus, Will Ferrell
Rivisitando Forza maggiore di Ruben Östlund, Downhill compie una scelta coraggiosa, per taluni semplicemente oltraggiosa. Infatti, dal dramma rigoroso e punitivo dell’originale, transita sui binari della commedia, sfruttando le doti intimistiche dei registi Nat Faxon e Jim Rash (C’era una volta un’estate), i tempi sofisticati di Julia Louis-Dreyfus (Veep – Vicepresidente incompetente) e, prima di ogni altra cosa, l’umorismo debordante di Will Ferrell (Anchorman 2 – Fotti la notizia, Zoolander).
Così, partendo dal medesimo evento scatenante, varia la formula che prevede una famiglia felice finire in mille pezzi, adattandosi al modello sociale americano, a un vuoto pneumatico che tende a nascondere egoismi, ipocrisie e maleducazione, con la crisi del maschio padrone di casa destinata a emergere in tutta la sua drammatica virulenza dinanzi alla prima inattesa difficoltà.
D’altro canto, se la forma è piana, per non dire pigra, questa rappresentazione si può ugualmente definire efficace in virtù del suo protagonista. Di fatto, Downhill consegna le chiavi di casa a Will Ferrell, un perfetto Homer Simpson in carne e ossa per come incoscientemente ne combina una più di Bertoldo, straniante se si pensa al film originale, assolutamente pertinente nel suo essere inopportuno (un marchio di fabbrica della casa), vigliacco e concentrato su se stesso.
Downhill (2020): Will Ferrell, Julia Louis-Dreyfus
In pratica, Downhill cammina sulle uova, non sparge grandi acuti e rimane una pellicola discutibile ma, contestualmente, esperisce un preoccupante snapshot sociale, abbracciando l’inconsistenza umana, esistente anche all’interno di quei rapporti ritenuti saldissimi. Tra le promesse di sempre e istinti reconditi, con situazioni confezionate svogliatamente e personaggi di contorno – lo sciatore italiano latin lover interpretato da Giulio Berruti e una signora impudente raffigurata da Miranda Otto – macchiettistici e vagamente informi, ma anche un protagonista maschile che alza l’asticella della provocazione e una controparte femminile – Julia Louis-Dreyfus - che regge il gioco con una pervicace nonchalance.
Sfidante.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta