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Dio è donna e si chiama Petrunya

Regia di Teona Strugar Mitevska vedi scheda film

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La recensione su Dio è donna e si chiama Petrunya

di obyone
8 stelle

 

Zorica Nusheva

Dio è donna e si chiama Petrunya (2019): Zorica Nusheva

 

Lo sguardo sul mondo, passato e presente, prende forma nei volti rassegnati, talvolta tristi, talora arrabbiati, delle donne macedoni. Sono gli sguardi che la regista Teona Strugar Mitevska ritrae nella suggestiva carrellata delle protagoniste del film. Le donne hanno diversa cultura ed estrazione sociale ma sono accomunate dallo stesso destino. Prevaricate da uomini volgari, in cui è latente un istinto di violenza repressa, "le sorelle macedoni" sono ridotte ad oggetto, elemento d'arredo, corpo da sottomettere. I visi immortalati dalla mdp sono quelli di Petrunya, trentenne graziosa e intelligente dal temperamento indomito; dell'anziana Vaska, donna arroccata ad una religiosità di facciata e schiava delle apparenze; di Blagica, amica fedele che si accontenta di una relazione senza futuro su cui non può esercitare alcuna volontà; di Slavica, giornalista cazzuta che subisce i ricatti puerili dell'ex marito, del redattore, e dello svogliato cameramen che l'accompagna nel luogo d'origine di Petrunya. Lì, in quel luogo lontano dalla capitale e legato alle ancestrali tradizioni della chiesa e della terra, si è consumato un affronto che reclama vendetta. Una donna ha osato partecipare ad una cerimonia religiosa riservata ai soli uomini. Petrunya si è tuffata nell'acqua del fiume per ripescare la croce gettata dal pope del villaggio. L'ha fatto davanti a centinaia di fedeli sbigottiti da tanto coraggio e da tanta superbia. L'odio dei giovani stalloni a dorso nudo, che non hanno digerito l'infamante sconfitta subita per mano di una donna, è rimasto inalscoltato scatenando violenza e colate di testosterone. Il prete, pur non approvando il comportamento della ragazza, non l'ha denunciarla per furto. Petrunya, infatti, non ha rubato ma ha conquistato quell'oggetto sacro che ora giace sul suo corpo nudo. La polizia, che l'ha accompagnata alla centrale, nel tentativo di convincerla a restituire l'oggetto, non ha potuto trattenere la fanciulla senza una denuncia. Il testosterone, allora, è straripato come l'acqua corrosiva di una brentana. Petrunya è rimasta in centrale fino all'acchetarsi degli ormoni. Petrunya non ha ceduto ai ricatti meschini degli uomini. Aveva bisogno di quella croce che, appoggiata al florido seno, non le rimprovera di essere grassa o inadeguata. Quel pezzo di legno, a cui era attaccato un uomo, forse il più comprensivo che sia mai esistito, poteva rifonderla della fortuna che le era sempre mancata. Petrunya aveva bisogno di molta fortuna. Non era bella, non aveva un lavoro e non ci stava ad alzare la gonna per ottenerne uno... lei che aveva studiato e desiderava solo una fetta di emancipazione.

 

Zorica Nusheva

Dio è donna e si chiama Petrunya (2019): Zorica Nusheva

 

Le donne di Teona Strugar Mitevska sono perennemente sedute. Gli uomini in piedi. I maschi, sfocati dall'obiettivo, parlano senza essere inquadrati, dando le spalle allo spettatore. Le donne sedute sono in condizione di svantaggio. Gli uomini in piedi padroneggiano la situazione con il loro corpo vessante ed i genitali piantati sugli occhi chinati verso un pavimento di pudore ed inferiorità. Il volto degli uomini non è interessante. Per Mitevska un volto ne vale mille altri, tutti uguali. Il genere maschile si riconosce dalle sue azioni. E le azioni dei maschi sono sempre le stesse, in ogni individuo, tese a manifestare il proprio potere fisico e sessuale. La regola è questa ma ci sono eccezioni.

Il giovane agente Danko, si occupa di Petrunya con la stessa dolcezza del dio inchiodato nel legno. Mitevska lo introduce nella vita di Petrunya come un maschio qualsiasi, inquadrandolo in piedi, da dietro mentre le donne di Petrunya sono sprofondate nel divano in attesa di subire le azioni degli uomini. Man mano che Danko si avvicina al mondo sconosciuto della ragazza le sue forme si svelano. I contorni, che per gli altri uomini spesso rimangono sbiaditi, si delineano nei tratti gentili di un uomo dal ciuffo ribelle e dai baffi scuri, capace di provare compassione e condividere il bisogno di cambiamento della ragazza.

 

Violeta Sapkovska, Petar Mircevski, Labina Mitevska

Dio è donna e si chiama Petrunya (2019): Violeta Sapkovska, Petar Mircevski, Labina Mitevska

 

La ribellione è costata molta fatica. Ma Petrunya ha capatalizzato dall'affronto più di quanto possa credere. Da pecora è diventata lupo. Nello sfidare l'ordine precostituito, nello scardinare le regole e le tradizioni celebrate dal maschio, impaurito di fronte alla possibilità di perdere il potere esercitato per secoli sulle femmine, Petrunya ha scoperto la propria forza, il proprio temperamento. Petrunya può lasciare quel posto sicuro, quel paese, quella cella, per uscire allo scoperto ed emergere con le proprie forze dal mucchio. No, Petrunya non ha più bisogno della croce. Ha già ottenuto ciò che voleva. Ha creduto nei propri mezzi, ha trovato qualcuno che l'apprezzi come persona. Forse ha trovato l'amore senza cercarlo.

Le donne donano e rinunciano ai privilegi con maggior facilità mentre gli uomini invocano la tradizione per mantenere il controllo. È questo che ci insegna "Dio è donna, e si chiama Petrunya". Il suo messaggio ha colpito il Parlamento Europeo che ha assegnato al film il Premio Lux 2019 vedendo nelle sue immagini il contributo significativo alla lotta femminista contro le società conservatrici. Un messaggio forte uscito da un proiettore per illuminare tutte le Petrunya in attesa di una ribellione.

 

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Zorica Nusheva, Stefan Vujisic

Dio è donna e si chiama Petrunya (2019): Zorica Nusheva, Stefan Vujisic

 

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