Regia di Peter Cattaneo vedi scheda film
Pregevole per come sa descrivere lo stato di prostrazione dei lavoratori rimasti senza lavoro ed una crisi della siderurgia che a metà degli anni Novanta era già assai grave in Gran Bretagna come in Italia, il film dell'inglese (di nonni italiani) Cattaneo mi sembra che sia stato, all'epoca ed anche negli anni successivi, ampiamente sopravvalutato. Non mi è piaciuta la faciloneria con la quale viene proposta una soluzione consolatoria alla perdita del lavoro (anche se l'esibizione resterà un unicum) né il cambiamento repentino che sembra preludere ad una riconciliazione tra Gaz (Robert Carlyle) e la moglie, che fino a cinque minuti prima era inflessibile nel considerarlo un irrimediabile perdente.
Siamo nell'ambito della commedia sociale di derivazione loachiana e il rischio è di sfociare in qualcosa che somigli al nostro neorealismo rosa degli anni cinquanta, che del Neorealismo propriamente detto non portava oramai che il nome. Si ride poco, si sorride qua e là, anche se fa piacere che qualcuno proponga ancora come positivi i valori e le abitudini della gente comune, quella che è da sempre la prima vittima delle crisi economiche.
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