Regia di J. Lee Thompson vedi scheda film
Eccellente vertice del cinema Inglese del dopoguerra, coplevolmente ignorato da mediocrissimi dizionari nostrani il film è stilisticamente ricchissimo rappresentando altresì la più grande prova d'attrice di Diana Dors.
Alla larga dal pessimo remake dell'inetto Mike Newell ("Ballando con uno sconosciuto") comunque ben recitato dall'incolpevole Miranda Richardson.
Vagamente ispirato all'ultima esecuzione capitale eseguita nel Regno Unito (il caso di Ruth Ellis) il film lungi dall'essere una scontata condanna della pena di morte è invece una lucidissima riflessione sul tema della giustizia che in modo disumano schiaccia inesorabilmente l'individuo colpevole, come nel caso della protagonista, di aver vendicato la morte dell'amato, suicidatosi a causa di una donna benestante della quale si era perdutamente innamorato senza esserne in definitiva veramente ricambiato.
Il tema della vendetta del giusto in contrasto con una legge cieca e incapace di distinguere il reato dalla colpa tornerà più volte nella peraltro troppo a lungo sottostimata filmografia hollywoodiana del regista ("Il promontorio della paura", "10 minuti a mezzanotte", "Il giustiziere della notte 4" e "Soggetti proibiti").
Il romantico leit motiv "The very thought of you" tornerà a risuonare. peraltro malinconicamente, in "Caboblanco" (1979).
Il film, girato magistralmente, rappresenta l'esito qualitativamente più maturo del regista britannico J. Lee Thompson (1914-2002) che solo in rare occasioni successivamente si avvicinerà ma non raggiungerà più simili livelli ("Birra ghiacciata ad Alessandria" e "Una storia americana" bastino come esempi al riguardo).
La sequenza dell'omicidio che precede i titoli di testa vale da sola intere filmografie e lo stile apparenmtemente dimesso delle sequenze girate in carcere è pienamente compensato dalla tecnica di ripresa adottata ("L'adultero" ne è un ulteriore esempio).
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