Regia di Daniele Ciprì, Franco Maresco vedi scheda film
Lo sguardo cinico e grottesco che Ciprì e Maresco hanno posato sul degrado della moralità umana fin dai tempi della Cinico TV e proseguito con Lo zio di Brooklyn, capolavoro dadaista segnato da una furia iconoscasta sconosciuta al cinema italiano, arriva qui al suo apogeo. Gusto della provocazione portato al parossismo, blasfemia e rovesciamento cristologico giungono qui a una potenza spaventosa, innestati in un trittico che culmina nella scena della crocifissione. Il primo episodio ha come protagonista un povero cristo erotomane (Miranda) turlupinato da tutto il paese, il quale, venuto a sapere dell'arrivo della prostituta Tremmotori, per poterla pagare ruba gli ex voto dell'edicola dell'Ecce Homo, pagandone le conseguenze. Nel secondo episodio siamo al capezzale di un omosessuale avanti con gli anni: il suo compagno tarda a raggiungerlo perché tema la brutalità del fratello. Nel terzo l'anziano messia Totò resuscita un uomo cha la mafia ha sciolto nell'acido: costui non perde tempo per vendicarsi.
Totò che visse due volte è troppo preso dall'urgenza di scardinare alla radice il lessico cinematografico, di mandare un messaggio forte come un pugno allo stomaco da finire col perdere la genuinità che invece mostrava il film precedente, riuscendoci benissimo viste le battaglie legali contro la censura di Stato. È l'apologia del brutto: gli ambienti di una Palermo coventrizzata e irreale, grazie alle luci sovraesposte di Luca Bigazzi, fanno da sfondo a un'umanità belluina, coprolalica, che parla soltanto un dialetto strettissimo (il film è sottotitolato). Sotto l'occhio della cinepresa passano unicamente maschi, che interpretano anche le parti femminili: uomini sdentati, freaks con un solo occhio, con la gobba, con pance debordanti. Uomini capaci di ogni abominio e stravaganza: dalla masturbazione collettiva della scena iniziale (siamo in un cinema a luci rosse dove si proietta la scena de Lo zio di Brooklyn nella quale un contadino copula con un'asina…) al rapporto sessuale con una gallina, passando per lo stupro omosessuale ai danni di un angelo, il raptus erotico verso una statua della Madonna, un angelo colto da dolori addominali e costretto a defecare per strada, un vecchio coperto da topi. Mai Ciprì e Maresco avevano alzato tanto la posta, arrivando a un'apoteosi del grottesco che lascia indietro persino Buñuel e Monteiro, firmando un film che turba, ma eccessivamente programmatico e cerebrale per lasciare il lasciare il segno fino in fondo.
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