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Il paradiso probabilmente

Regia di Elia Suleiman vedi scheda film

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La recensione su Il paradiso probabilmente

di EightAndHalf
4 stelle

Elia Suleiman non sa se ci sarà o meno uno Stato palestinese un giorno, per cui va a chiederlo a un medium. Però un medium se lo va a cercare negli USA, dopo aver girato Parigi per tenere una conferenza. Il viaggio del regista palestinese (non di Israele, ma della Palestina, tiene a dire Gael Garcia Bernal) è un mutissimo tour di stramberie delle più svariate che ci ricordino un po' dei luoghi comuni di Francia e USA, luoghi comuni che sembrano impedire a Suleiman di diventare un vero cosmopolita, bloccato dalle ovvietà e dalle ingenuità del mondo. Dunque ne ride su: a che pro, ci chiediamo? Forse è una risata isterica che copra il malessere? Ma senza dubbio, il malessere trattato con leggerezza è la sua maniera preferita di fare cinema (The Time That Remains To Us docet); soltanto che forse non è una risata propriamente isterica, ma più quieta, taciturna. Non per questo più sottile. Potenzialmente - gli piacerebbe - simile a quella di Jacques Tati, il regista del comico assoluto, l'inquadratura che in tutti i suoi piccoli punti può generare una gag naturale, ovvia estensione del nonsense del mondo. Ma all'asetticità e all'impersonalità del mondo di Playtime Elia Suleiman preferisce specificare luoghi e posti, identificarli con le cartoline e gli stereotipi, un diverso troppo inavvicinabile, un diverso fatto di agenti di polizia coreografici (Parigi) e di statunitensi che - ma solo nel sogno! - portano armi a bella vista, e si creano la loro guerra da soli, mentre altrove la guerra distrugge vite. 

L'unico squarcio di luce sta nella campagna, in Palestina (eh, l'unico posto vero), dove una donna cammina da sola con un cesto tra gli alberi e la verdura, e quella verità è così spontanea e incomprensibile da rimanere sospesa, vuota, eppure vera. L'unica cosa vera in un mondo assurdo, pieno di drammi che però raccontiamo con la risata, perché bisogna esorcizzarli. O no? O forse ridiamo per distrarci, per codardia? Non è forse la maniera più facile?

Elia Suleiman non ha uno stile, ha una formula. E It Must Be Heaven ne è giusto l'ennesima versione. 

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