Regia di Jean-Pierre Dardenne, Luc Dardenne vedi scheda film
Continua, incessante, l'opera sociologica e profondamente umana dei due grandissimi cineasti belgi, che non si è mai mossa di un centimetro da un Cinema rigoroso, fedele a poche regole, ma sempre così realistico, così agganciato alla realtà dei tempi che racconta, fin da quell'esordio memorabile, "La Promesse", del 1997. Un Cinema, quello dei fratelli Dardenne, che ha spesso raccontato di adolescenze difficili, proprio come di luoghi metaforici dell'adulto che verrà e che andrà ad occupare, bene o male, i meccanismi portanti della società che viviamo. Con "L'Età Giovane" tornano a livelli molto alti, dopo che gli ultimi due o tre film, pur importanti, non mi avevano pienamente convinto: la storia del tredicenne Ahmed, vittima dei famosi "cattivi maestri", un Imam fondamentalista nel Belgio di oggi, lascia senza fiato, grazie anche alla recitazione straordinaria del piccolo Idir Ben Addi, chiuso al mondo ed aperto solo al Corano e a precetti del radicalismo, e i Dardenne lo pedinano a distanza ravvicinata, silenziosamente, con quella tecnica fra il documentarismo e il Cinema neo realista, e riescono in soli 80 minuti a raccontarci uno spaccato della società belga, in primis, ma, come sempre, della società tutta, dell'Europa che cambia, che accoglie, che cerca l'integrazione, la convivenza, nonostante i deliri religiosi, da una parte e dall'altra. Un magnifico film sul diventare adulti, che segue rigorosamente il loro stile, anche nel finale, secco e sospeso, ma neanche più di tanto. Pochissimi i cineasti come loro, oggi, nel mondo e quando, che Dio non voglia, non ci saranno più, ci mancheranno. Cinema importante e assolutamente necessario. L'umanesimo che abbiamo perduto.
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