Regia di Cristina Comencini vedi scheda film
Una giornalista torna nella casa d’infanzia alla morte del padre, militare americano a Napoli. I ricordi riaffiorano prepotenti quando incontra Marc, un uomo che assisteva il padre negli ultimi tempi, e una strana, vivace ragazzina che frequentava quella casa.
Un viaggio nella memoria che diventa allucinazione; la fantasia che prende il sopravvento sulla realtà; la vita ricondotta ai suoi episodi salienti, per poterli rivedere e correggere a piacimento: in Tornare Cristina Comencini affronta il passato di petto e a testa alta, prendendo presumibilmente spunto anche da materiale autobiografico. Si pensi soltanto alla figura paterna ingombrante del film e la si paragoni a quella di Luigi Comencini, fra i più grandi registi italiani del Novecento, al quale – inevitabilmente – la figlia Cristina deve rendere conto ogni volta che affronta una nuova pellicola. Ma l’intenzione della sceneggiatura scritta dalla regista insieme a Giulia Calenda e a Ilaria Macchia è quella di superare tutto ciò, di mettere a tacere i fantasmi del passato senza per ciò rinnegarli: sostanzialmente Tornare è una grande seduta di (auto)analisi a opera di una cineasta nel pieno della maturità artistica. Paradossalmente ciò che meno funziona è invece quella che dovrebbe essere una garanzia di riuscita: la protagonista Giovanna Mezzogiorno (per rimanere in tema di figure paterne eccellenti…), spaesata e non sempre in parte. Fra gli altri attori: Beatrice Grannò, Vincenzo Amato, Clelia Rossi Marcelli, Marco Valerio Montesano, Astrid Meloni e Trevor White. Cento intensi minuti durante i quali a poco a poco il meccanismo recondito della trama si svela, fino a dissolversi in un finale rassicurante, ma non scontato. 6/10.
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