Regia di Cristina Comencini vedi scheda film
Una imbolsita Giovanna Mezzogiorno colloquia con due versioni della se stessa del passato alla ricerca della verità su un trauma rimosso: ma i dialoghi sono imbarazzanti, in un dramma plumbeo, piatto e tedioso.
14° FESTA DEL CINEMA DI ROMA 2019
Nei primi anni 90 Alice (una imbolsita Giovanna Mezzogiorno) torna a Napoli dagli U.S.A. per partecipare alle esequie del padre, generale della Nato di stanza nella base partenopea. Dopo la partenza di amici e parenti, Alice resta sola nella grande villa sul mare dove ha trascorso infanzia ed adolescenza e da cui manca da molti anni. Questo periodo di riflessione le permette di fare conoscenza con Mark, che è stato vicino al padre negli ultimi anni di malattia, e di confrontarsi con i molti fantasmi del suo passato tormentato, legati in particolare ad una data, 8 maggio 1967, i cui avvenimenti traumatici ha cancellato dalla mente.
Vediamo la protagonista incontrare e dialogare nelle vuote stanze della villa con la se stessa del 67, ragazza indipendente e ribelle, affamata di incontri e di vita, e persino con una sua versione ancora precedente, bambina. Sul piano del presente, Alice frequenta e avvia un legame sentimentale con Mark che aveva già conosciuto nel passato, sebbene non se ne ricordi bene.
Il film di Cristina Comencini è fin dall'inizio pervaso da una atmosfera plumbea di cui non si libera fino alla fine. Ma lungi dall’alimentare tensione drammatica, tale cupezza appesantisce ulteriormente una pellicola piatta ed indigesta, ove a prevalere è il tedio. La riflessione sul significato della memoria e della rimozione non decolla e le ripetitive scene dei colloqui di Alice con le diverse versioni più giovani di sé stessa, simboleggianti una sorta di percorso di auto-analisi, appaiono bizzarre per colpa di dialoghi imbarazzanti ed improbabili. Neppure lo svelamento dei drammatici eventi del passato che la protagonista aveva rimosso eleva la tensione drammatica: pure in quello che dovrebbe essere il climax narrativo si rimane avviluppati in un senso di noia e di piattezza.
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