Regia di Marco Bonfanti vedi scheda film
Oscar, nato da una ragazza single che vive con sua madre, cresce in un’atmosfera oltremodo protettiva. Soltanto l’amichetta Agata conosce il suo segreto, però: Oscar è capace di levitare e librarsi in volo. Giunto all’età adulta, però, il segreto verrà svelato.
Definirlo film ‘leggero’ sarebbe ridondante: L’uomo senza gravità è la storia di un essere umano che della leggerezza, perfino suo malgrado, fa la sua bandiera e che in quanto tale non è in grado di sopportare i tempi moderni in tutta la loro – duplice senso, si capisce – gravità. Tutt’altro che una storia banale, insomma, per quanto tratteggiata con vena fumettistica nella sceneggiatura che il regista Marco Bonfanti e Giulio Carrieri scrivono; una pellicola peraltro atipica per il cinema italiano del 2019 (e fors’anche in generale), ma che non preme più di tanto il pedale sulla sua componente fantastica, preferendo approfondire la parte psicologica, emotiva dell’intreccio. Il protagonista Oscar, come al solito un ottimo Elio Germano, è una sorta di supereroe vittima dei suoi stessi superpoteri, inconfessabili in quanto tali; destinato alla solitudine e all’incomprensione, quando prova a rivelarsi per cercare di essere accettato trova soltanto più incomprensione e più solitudine di prima. A un’analisi meno superficiale L’uomo senza gravità potrebbe essere una parabola sulla sensibilità ai tempi nostri, sulla volontà di scoprirsi agli altri (e scoprirli a nostra volta) che mal si combina con la necessità di ripararsi da un mondo sempre meno disposto al dialogo, alla conoscenza, alla tolleranza. Bonfanti esordisce così nel lungometraggio a soggetto, lasciando buona impressione di sé come sceneggiatore (unico neo: il finale un po’ forzato) e già meno come regista, invero traballante qua e là, pur senza eccessive pecche; ha a disposizione fra gli interpreti, oltre al già citato Germano, Silvia D’Amico, Michela Cescon, Vincent Scarito ed Elena Cotta. Bene così, in attesa dell’opera seconda. 6/10.
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