Regia di Aurelio Grimaldi vedi scheda film
Grimaldi gira con mano da assoluto dilettante una storia complessa. Non che tutto questo pot-pourri di materiale storico non fosse realmente intrecciato, ma nella finzione filmica il tutto viene raccontato in modo talmente rapsodico e pasticciato da far rimpiangere la peggiore docufiction della buonanima di Giuseppe Ferrara.
Nel gennaio del 1980 Piersanti Mattarella (Coco) - presidente della Regione Sicilia in quota DC - venne ucciso davanti ai suoi famigliari mentre, in auto, si stava recando a messa. Il film è la ricostruzione del clima politico di quegli anni, durante i quali la mafia, aiutata dai poteri centrali dello Stato, dettava legge e si sbarazzava con estrema disinvoltura di qualsiasi persona le si mettesse di traverso. Aurelio Grimaldi - le cui comparsate sul grande schermo si stanno per fortuna facendo sempre più rare, gira con mano da assoluto dilettante una storia complessa, che la sceneggiatura prova a ricostruire a suon di didascalie mettendo insieme la Banda della Magliana, il caso Sindona, l'asse politico DC-PCI, guardato malissimo dagli andreottiani, le prime clamorose azioni di Giovanni Falcone nella magistratura e chi più ne ha più ne metta. Non che tutto questo pot-pourri di materiale storico non fosse realmente intrecciato, ma nella finzione filmica il tutto viene raccontato in modo talmente rapsodico e pasticciato da far rimpiangere la peggiore docufiction della buonanima di Giuseppe Ferrara. Peccato, perché rispolverare la memoria di una figura nobile come quella del fratello maggiore del presidente della Repubblica ha un prezioso valore civile, stemperato - per non dire annullato - dalla totale inconsistenza della messinscena e da una recitazione ben al di sotto del livello di guardia.
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