Regia di Atom Egoyan vedi scheda film
Stimolante e stratificata la parte iniziale, ancora esente dai difetti che inizieranno a piovere nella seconda. “Guest of Honour” è Egoyan allo stato puro, con le sue narrazioni vorticose che intersecano passato e presente, colpe e rimossi in un plot-puzzle convulso (“False verità” come prototipo).
Un cinema di parallelismi e di scarti, che indubbiamente affascina e coinvolge, complice anche un David Thewlis bravissimo.
Ma “Guesto of Honour” è anche un quadro che si fa via via più sfuggente, che aggiunge tasselli e interrogativi sperperando però mano a mano la compattezza d’insieme. Un film, in altre parole, troppo focalizzato sull’espletamento della propria logica e sulla necessità di far trasparire le proprie teorie per preoccuparsi del senso complessivo, della tenuta del racconto. Ciò che fino a mezzora prima era intrigante diventa implausibile e a sfuggire definitivamente alla portata dello spettatore sono le intenzioni retrostanti le azioni, i buchi che originano dinamiche apparentemente marginali.
Il plot è originale e la figura dell’ispettore sanitario inedita e sfaccettata. David Thewils, con la propria freddezza remissiva ma sotto sotto dolente, mangia il film, lo catalizza. Purtroppo però in fase di script tutto si sfilaccia progressivamente e l’ultima fatica di Egoyan ne esce come il puzzle di un’immagine bellissima ma costruito forzando l’incastro di pezzi fuori posto, con qualche buco qua e là che mostra la brutta finitura del tavolo.
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