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Colpo di fulmine

Regia di Marco Risi vedi scheda film

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La recensione su Colpo di fulmine

di Baliverna
5 stelle

Un ventinovenne e un'undicenne si innamorano di un amore platonico. Follia? Mica tanto.

Ho voluto guardarlo attirato dalla prospettiva di Jerry Calà serio, e dallo stesso tema trattato.
La pellicola ha un prologo dove si mostra la vita grama del protagonista, che è stato lasciato dalla moglie e che svolge un lavoro frenetico e monotono come agente di cambio. Questa parte è troppo lunga e zoppicante. Sarebbe bastato molto meno per illustrare la situazione in cui inizia la storia che è il soggetto del film.
La parte di trama con la bambina è la migliore, e in sé discreta. Viene mostrata la reciproca inclinazione tra un uomo e una futura donna, un'inclinazione basata sull'affinità della loro personalità. Come anche dice lui, nel giro di qualche anno lei sarà una donna e la loro relazione non avrebbe niente di inopportuno o di scandaloso, nonostante la differenza d'età. Neppure nel presente, a ben vedere, ce l'ha; il loro è un amore sentimentale e per nulla sessuale; in altre parole, ogni vaga idea di pedofilia è tenuta ben lontana.
Trovo che questo discorso abbia un succo non banale. Se l'amore autentico nasce tra due persone e non tra due corpi, il sentimento che si sviluppa tra i due non è poi così pazzo o fuori luogo. Esso rispetta, tra l'altro, il corpo infantile di lei, che non può conoscere il sesso e che non viene in alcun modo violato.
L'undicenne è interpretata da Vanessa Gravina, che è brava e versatile per la sua età. Un'altra nota di merito va a Ricky Tognazzi, che dà una buona interpretazione e ci regala almeno una scena riuscita con Calà: quando lui gli comunica – in riva al Canal Grande – di essersi innamorato di sua figlia.... Un bel duetto! Mi è piaciuta anche l'attrice che interpreta la moglie del protagonista, perché riesce a dare spessore al suo personaggio.
Verso la fine, però. il film prende una cantonata: finisce, appunto, troppo presto, non sviluppa il tema e la vicenda, e tronca bruscamente il tutto con una soluzione pretestuosa che serve solo a tagliare.
Marco Risi è acerbo e ancora alla ricerca di se stesso, ma se la cava. Il problema, come spesso accade, è nella sceneggiatura, alla quale si devono i problemi che ho evidenziato. Essendo le penne due, si può presumere che il prologo – banale e incerto – sia stato scritto da uno, e la storia sentimentale dall'altro, anche perché si nota un forte cambio di registro.
Va anche detto, che le battute di spirito pronunciate da Calà nella prima parte fanno cadere le braccia; evidentemente non si volle collocarlo in un ruolo serio al cento per cento. Cautela inutile, però, perché l'attore se la cava egregiamente, anche senza fare pernacchie e smorfie.
Come disse John Huston in un'intervista poco prima di morire, non andrebbero rifatti i capolavori per tirarne fuori dei film mediocri, ma le pellicole non riuscite che avevano potenziale. E questa è una.
P.S. Nel film veniamo piacevolmente immersi in un'atmosfera anni '80.

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