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The Day After I'm Gone

Regia di Nimrod Eldar vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su The Day After I'm Gone

di yume
7 stelle

Family-drama sul rapporto figli-genitori, ha qualcosa di diverso dai soliti film sull'argomento, meritevole

locandina

The Day After I'm Gone (2019): locandina

A nessuno importa più di uccidersi. Restare in vita è la nuova sfida”.

Questa bella frase edificante la dice il padre alla figlia che ha già tentato il suicidio e, stando alle statistiche, non è escluso che ci provi una seconda volta.

Vero o no, comunque è solo un film e il finale resta ambiguo sull’argomento, non sembra si aprano grandi spazi per ipotizzare un futuro diverso, chiusi come sono i due in mondi incapaci di comunicare.

Siamo in Israele, Nimrod Eldar ha presentato la sua opera prima alla Berlinale 2019 nella sezione Panorama, Menashe Noy è il padre Yoram, Zohar Meidan la figlia Roni.

Bravi attori, un family-drama  accuratamente privo di virate melodrammatiche, storia di tempi tristi non nuova al panorama contemporaneo, anche se il cosiddetto gap generazionale sembra abbia finito di essere al centro di indagini, opportunamente metabolizzato e mestamente archiviato.

Imporsi di capire i figli, o, viceversa, tentare di capire i padri, significherebbe voler fermare la Storia, e questo non succederà mai.

Si può osservare il fenomeno, non tentare spiegazioni, tanto meno ricette salvifiche, ed è quello che fa Eldar, inquadrando la vicenda in un Paese, Israele versus Palestina, che non collabora certo a creare un habitat favorevole alla risoluzione di problemi esistenziali.

La madre Rachel è morta di malattia da più di un anno, lui è medico chirurgo veterinario, lavora nello zoo di Tel Aviv e la prima scena ci sorprende positivamente con l’arrivo di un bel ghepardo (o leopardo, chissà, certo è maculato) in braccio all’infermiere.

Il bel gattone dev’essere operato, tutto procede tranquillamente. Poi si va in esterni e nel parco turistico un genitore molto sollecito ai desideri dei figli ma deficiente scende dall’auto per raccogliere il pallone del figlioletto finito in mezzo ad una mandria di rinoceronti.

Il divieto di farlo è chiaro, se un rinoceronte attaccasse bisognerebbe abbatterlo, questa è la regola, anche se assurda perché bisognerebbe abbattere il deficiente, ma il breve episodio potrebbe dirla lunga su padri e figli.

A casa Roni si aggira come uno spettro, lui idem, lei sta via dei giorni, lui non sa dov’è, lei torna e tutto tace, il massimo che riesce a dire lui, lamentandosi come da copione con una collega, è: “L’adolescenza è l’età dell’ingratitudine, l’age ingrat, dicono in Francia”.

Grati di cosa, poi, non si sa e su questo è meglio bypassare.

Tutto questo finchè una notte suona alla porta un servizio sociale della Polizia che, spiega il regista in un’intervista: “…in Israele salva le vite dei teenager che vogliono suicidarsi. È un’unità di polizia speciale. Supponiamo che tu annunci sui social che ti vuoi suicidare: a quel punto gli amici vedono il messaggio online e chiamano questa unità. Oppure i poliziotti vedono che l'indirizzo IP del tuo computer si è collegato con alcuni forum frequentati da persone che contemplano il suicidio. Insomma, il più delle volte si tratta di falsi allarmi: uno scrive che vuole suicidarsi e poi invece va a dormire. Altre volte questi poliziotti salvano vite. 

Bellissima iniziativa in un posto dove si alzano muri e barriere varie, comunque i drammi privati vanno rispettati e la nostra Roni si fa una bella lavanda gastrica.

Poi inizia il pezzo on the road, il migliore per capire dove siamo finiti e dove vive la povera Roni, ragazza dal bel viso e dagli occhi tristi, ma evidentemente bulimica (ma di questo il padre sembra non accorgersi, per lui sarà normale avere una figlia così obesa).

Siamo nei dintorni del Mar Morto, deserto fuori da  TelAviv, posti di blocco dappertutto, devi mostrare i documenti anche se vai a trovare i nonni.

La famiglia al completo è chiusa in una specie di fortino, intorno ci sono voragini fino alla spiaggia dall’accesso vietato, gira un’aria di tristezza e insofferenza che si taglia a fette, ma quando si scopre il dramma di Roni, si riunisce il Gran Consiglio al completo, secondo le più ortodosse tradizioni ebraiche.

A Roni, esterrefatta (aveva chiesto al padre di non raccontare niente) non resta che dire a tutti “Complmenti”.

Il ritorno a casa lascia il finale aperto, ma, come detto all’inizio, non c’è aria di miracoli, anche se qualcuno ce li ha visti e buon per lui.

Ci auguriamo soltanto che Roni decida di fare un bel percorso nutrizionista e molli il padre con i suoi rinoceronti, che certo capisce meglio.

 

 

 

www.paoladigiuseppe.it

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