Regia di Clint Eastwood vedi scheda film
C.Eastwood (davvero c’era Eastwood dietro la cinepresa? Non me ne sono accorto) dirige un film sulla ricerca di una nuova identità da parte di una terra (Savannah come sineddoche dell’intero Sud degli USA) costantemente strattonata dall’anacronistica, nostalgica eco di un passato (forse) glorioso, da un lato, e dalla malizia (più o meno sguaiata) di una modernità incalzante, che non fa sconti a nessuno, dall’altro. Il risultato è un indefinibile commistione di anticonformismo e ambiguità, quale unico rimedio possibile per resistere a un tale fragile rapporto di forza. E, di conseguenza, anche il genere cinematografico riflette siffatta immanente anfibologia (sì da rifuggire statiche classificazioni). Di base, un thriller (seppur soft e stravagante), si nutre di atmosfere retrò che lo sospingono sulle rive della commedia raffinata, salvo poi diventare smodata quando Lady Chablis inizia a prendere confidenza col J.Cusack (la scena di lei all’ospedale fa piegare in due dalle risate). Nondimeno, nella 2°parte, il giallo - dopo essersi “pittato” d’esoterismo ed eccentrico folklore locale - si tinge pesantemente di legal e ciò nuoce non poco al ritmo del film (ma questo latitava già dalle prime battute), il quale, pur tuttavia, dopo (lunghi ed estenuanti) alti e bassi, giunge al fatidico, simbolico finale. Sia ringraziata Dike, la Giustizia! Dall’alto del suo trono, nel giardino dei morti (“del bene e del male” solo in un preciso arco temporale), solo lei (almeno - consoliamoci - in un film di Eastwood) può dar garanzia degli equilibri che sottendono le leggi della natura e degli uomini.
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