Regia di Riccardo Donna vedi scheda film
E’ difficile recensire un prodotto televisivo. Perché è chiaro che, nonostante il suo passaggio, breve, nelle sale, questo film è stato pensato per la televisione. Risulta quindi superfluo analizzarne gli aspetti tecnici che non hanno funzionato in quanto non credo che nella realizzazione di un film-tv si finisca per enfatizzare elementi che di base finiscono per essere utilizzati ai minimi termini.
Il film ripercorre gli anni del successo, dei dischi all’apice delle classifiche, poi il buio, con la rappresentazione della caduta agli inferi causata dalle dicerie che la gente metteva in giro, fino al ritorno sulle scene, qualche anno prima della sua morte. Racconta di persone e personaggi, utilizzando di alcuni le vere identità e celandone altre che inspiegabilmente si sono tenute a distanza da un progetto che ha cercato di fare luce su una delle ingiustizie più gravi di sempre, come a voler dare voce ma soprattutto anima alla persona prima che al personaggio.
L’interpretazione di Serena Rossi è la prima cosa che salta all'occhio e forse l'unica che persiste per tutta la durata. Intensa e commovente, riesce a dare a Mimì il giusto carattere senza strafare evitando il rischio di diventarne una macchietta. La esalta pur senza scavalcare le caratteristiche di una personalità forte, che viene fuori in ogni senso.
Serena Rossi e la capostipite di un cast che finisce per essere l'eccellenza di questo prodotto. Si porta addosso tutto il peso di un’interpretazione difficile che rende l’idea di quello che Mia Martini sia stata pu dando l'impressione di non voler scavare troppo nella sua intensa e fragile personalità; forse per paura o semplicemente per rispetto. La sorpresa è senza dubbio Edoardo Pesce che interpreta Franco Califano; ho pensato che lo stesso Califfo si sarebbe divertito a vedersi emulare sullo schermo, pur senza lo charme immenso che lo caratterizzava.
Il resto è fiction. Pura e semplice fiction. Cose celate, dette a metà con l’utilizzo di un perbenismo che è il filo conduttore di ogni film nato con l’intento di voler intrattenere un’ampia fascia di pubblico sulle reti nazionali. E quel “detto non detto” finisce per caratterizzare gran parte della narrazione, abbassando la qualità di un prodotto che sarebbe potuto essere migliore se solo ci avesse posseduto il coraggio di osare; la sensazione, quando scorrono i titoli di coda, accompagnati dalle immagini di Mimì sul palco dell’Ariston, è che non sia servito a fare giustizia, non fino in fondo, non quanto sarebbe servito per cancellare, almeno in parte, il dolore con cui questa grande artista ha dovuto convivere una vita.
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