Regia di Jaume Collet-Serra vedi scheda film
Quand'ero piccolo, scorreva lento il tempo delle canoe che attraversavano l'Africa galleggiando nell'acqua salmastra di un canale circondato da fitta vegetazione. A "Gardaland" c'erano loro e tanto bastava per sentire profumo d'avventura nel cuore della giungla pericolosa e terrificante. Le minuscole canoe dei popoli della foresta, trainate da una rotaia, una dietro l'altra, erano davvero poca roba per i parchi americani degli anni '80 come il mitico Disneyland. Il mio sguardo, tuttavia, assorbiva, rapito, tutto ciò che si affacciava lungo il viaggio nel "Safari Africano", dai gorilla ai serpenti, passando per i coccodrilli.
Le imbarcazioni che, oggi giorno, solcano le acque dei parchi di Topolino sono, invece, veri e propri battelli ed il modesto giretto, ricostruito in un coriandolo di terra sul Lago di Garda, è surclassato da una crociera misteriosa tra rettili e animali selvatici dall'aspetto iperrealistico. Potere dei muscoli e dei paperdollari.
Dai parchi al cinema il passo è breve, come Disney spesso ci insegna, per cui l'attrazione "Jungle River", che promette di solcare un vero fiume e di immergersi in un'avventura d'altri tempi, si trasformò nel 2021 in "Jungle Cruise", la crociera intrapresa dalla botanica Lily Houghton, dal proprietario del battello, la canaglia Frank Wollf, e da MacGregor Houghton, trasportato di forza, dalla sorella, al di fuori del proprio elemento naturale, la Londra bohémien del 1916. In ballo un albero leggendario dai petali miracolosi che possono guarire qualsiasi malattia. E come in ogni buon film d'avventura non manca un antagonista senza scrupolo pronto a tutto per conquistare il bottino che potrebbe valere l'esito della guerra.
Difficile navigare tra i piranha senza possedere un certo senso dell'umorismo. Molti erano pronti a gettarsi sulla carcassa del film, al primo sentore del sangue. Sfidare gli schemi consolidati dell'avventura è un'impresa che richiede un ottimo lavoro, a cominciare dalla scrittura, nonché la capacità di lasciarsi scivolare di dosso le cose, a cominciare dalle critiche potenzialmente copiose.
Ripercorrendo le piste di "Aguirre furore di Dio", "Jungle Cruise" poteva cadere nell'errore di voler imitare un modello troppo grande, quello di Indiana Jones che, viva il cielo, influenza tutto il cinema di genere dall'inizio degli anni '80.
Collet Serra ed il team di creativi impegnati nella scrittura hanno, perciò, puntato su una spiccata ironia e grazie ad essa sono riusciti a non affondare nelle insidiose acque del Rio delle Amazzoni. Il ritmo del racconto è avvincente ed i tempi comici sono mescolati egregiamente all'azione. La narrazione getta abbastanza fumo negli occhi da rendere sorprendenti un paio di passaggi. E se la figura del principe tedesco è sin troppo caricaturale, quella di McGregor stempera la vena avventurosa del plot alleggerendo la tensione. McGregor è il ponte ideale tra una misurata comicità e l'azione più fantasiosa e rocambolesca.
Tra misteri e maledizioni, tratteggiati da straordinari effetti speciali, il giochetto arriva in porto compiacendo il desiderio di pericolo e divertimento che alberga nel cuore di ogni "vecchio" bambino. E una volta raggiunta la Londra raffinata e tecnologica di fine anni '10 viene voglia di ripensare alle "proprie canoe", al giro del mondo in 80 giorni e ai giochi avventurosi dell'infanzia che ancora ci accompagnano oggi.
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