Regia di Marc Meyers vedi scheda film
Il capitale umano torna in America, da dove era partito sotto forma dell'omonimo romanzo di romanzo di Stephen Amidon. Il confronto con il capolavoro di Paolo Virzì, girato sei anni prima, è inevitabile e giustamente tributato sui titoli di coda.
I fragilissimi equilibri tra la famiglia di un ricchissimo speculatore finanziario (Sarsgaard) e quella di un piccolo imprenditore col vizio della scommessa (Schreiber), uniti dalla relazione tra il rampollo gay (Hechinger) del primo e la figlia del secondo (Hawkes), invaghita di uno sbandato (Wolff), vengono messi ulteriormente a dura prova da un incidente stradale che coinvolge un ciclista al ritorno dal lavoro. Ciascuno preoccupato per sé stesso e tutti pronti alla menzogna, i quattro protagonisti attorno ai quali si dipanano gli altrettanti capitoli del racconto non si faranno scrupolo di tradirsi a vicenda.
Reduce dalla notevole prova data con l'atipico biopic My Friend Dahmer, sugli esordi criminali del famigerato mostro del Milwaukee, Mike Meyers si dimostra ancora all'altezza della situazione, con una regia sobria e tesissima, che forse concede qualche spazio di troppo alle ellissi del racconto, ma con un cast di prim'ordine nel quale spicca Maya Hawke, figlia di Ethan e di Uma Thurman. La partita con la versione italiana del film è persa ai punti, soprattutto per via di quel pathos dell'opera di Virzì che lo stile controllato di Meyers stempera notevolmente, mostrando una più ridotta capacità di coinvolgere emotivamente lo spettatore.
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