Trama
Angèle aveva 8 anni quando a Berlino Est ha aperto il primo McDonald's. Da allora, lotta contro quella che è la maledizione della sua generazione: essere nata "troppo tardi", in un momento di depressione politica mondiale. Figlia di attivisti, anche se sua madre ha abbandonato da un giorno all'altro le lotte politiche per trasferirsi in campagna e sua sorella ha scelto il mondo degli affari, Angèle vede solo suo padre, un ex maoista con cui torna a vivere, rimanere fedele ai suoi ideali. Arrabbiata ma determinata, Angèle si applica tanto nel tentativo di cambiare il mondo quanto nel darsi alla fuga dagli incontri romantici.
Approfondimento
COSA RESTA DELLA RIVOLUZIONE: I RESIDUI DEL SESSANTOTTO
Diretto da Judith Davis e sceneggiato dalla stessa con Cécile Vargaftig, Cosa resta della rivoluzione racconta la storia di Angèle, una giovane che da sempre combatte con quella che è la maledizione della propria generazione: essere nati troppo tardi, in un periodo di depressione politica globale, e non avere conosciuto la rivoluzione sociale. Angèle, che aveva otto anni quando a Berlin Est fu aperto il primo fast food americano, proviene da una famiglia di attivisti che il Sessantotto lo ha vissuto in prima fila. Con gli anni però i valori borghesi hanno preso il sopravvento, la madre ha rinunciato da un giorno all'altro alla lotta politica per trasferirsi, da sola, in campagna e la sorella ha scelto il mondo degli affari e la vita matrimoniale. Solo il padre, un ex maoista con cui Angèle è tornata a vivere, è rimasto fedele ai suoi ideali. In collera e determinata, Angèle desidera cambiare il mondo, anche a costo di sacrificare la sua vita amorosa, cercando con il suo essere Don Chisciotte ma anche Bridget Jones un equilibrio tra le due diverse sfere.
Con la direzione della fotografia di Émilie Noblet, le scenografie di Aurore Casalis, i costumi di Marta Rossi e le musiche di Marine Arrighi de Casanova e Patrick Sobelman, Cosa resta della rivoluzione è così raccontato dalla regista: "Il film trae origine da uno spettacolo teatrale che ho creato nel 2008 ma non è un suo adattamento: ne prolunga semmai lo spirito, trattando gli stessi temi e amalgamando argomenti personali con argomenti sociali. Il tutto nasce da una semplice domanda: cosa è rimasto delle lotte sociali degli anni Sessanta e Settanta? Dopo un meticoloso lavoro di indagine, ho preferito mettere da parte la storia ufficiale e dedicarmi a un racconto più intimo incentrato su una giovane donna che potrei essere io. Provenendo da una famiglia di sinistra che ha vissuto il Sessantotto, in un primo momento ero restia a parlare di quello che era accaduto ma ho messo da parte le remore per cercare di capire quali retaggi ci portiamo ancora appresso".
"L'impegno politico e sociale - ha proseguito la regista - sono dunque il punto di partenza per una commedia che vuole esplorare con delicatezza il tempo in cui viviamo per capire se esiste ancora oggi la possibilità di fare qualcosa insieme. Ho cercato di essere obiettiva, di confrontarmi con la realtà che ci circonda in maniera franca e di cercare di ridere con lo spettatore di quello che sta realmente succedendo. Tutti i personaggi sembrano alle prese con le conseguenze di un periodo di transizione che non sembra mai finire. Se ci riflettiamo, tutto il loro quotidiano appare in transizione, dando origine a tanti dilemmi, spesso estenuanti, a cui non sappiamo dare risposte. Trascorriamo tutto il nostro tempo a chiederci come fare, cosa fare e cosa vogliamo fare. Non si può ad esempio passare la vita a vendere connessioni internet a nonnine che non hanno il computer e rientrare la sera a casa soddisfatti per averlo fatto!".
Il cast
A dirigere Cosa resta della rivoluzione è Judith Davis, regista francese al suo debutto. Nata nel 1982 a Parigi, è figlia di Yvon Davis, regista e collaboratore di Bernard Sobel al Théâtre de Gennevilliers e fondatore della società di produzione Agat Films. Laureata in filosofia alla Sorbona, la Davis ha… Vedi tutto
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Commenti (2) vedi tutti
Un film che per una volta non parla di problemi relativi al genere od alla razza ma di quelle macerie sotto le quali il neoliberismo ha sepolto la società odierna. E' che lo fa in maniera alquanto confusa e in più sembra che in fondo la Davis tenga di più ai problemi familiari che non a quelli sociali. Visione comunque consigliata ai "resistenti".
commento di bombo1Un film coraggioso, forse un pò lento e ripetitivo, ma anche molto attuale in questo periodo di stanchezza morale e mancanza di impegno,anche rimbambiti dai computer, dagli smartfone e dalla tv, ma anche molto attuale, in quanto stiamo assistendo al crollo del sistema capitalistico
commento di sorry