Regia di Fatih Akin vedi scheda film
Ricostruzione dell'ambiente (persone comprese!) che ruotava attorno ad un serial killer davvero esistito.
Plagiato dalla curiosità di visionare il film del quale tutti parlano in questo momento, ho recuperato IL MOSTRO DI ST. PAULI. L'opera è ispirata alle gesta realmente accadute del serial killer Fritz Honka, che terrorizzò Amburgo nei primi anni '70 e del quale, pochi anni fa, è uscito un romanzo, dal quale è tratta la sceneggiatura del film. Partiamo dal presupposto che la visione di questo film debba essere una sorpresa (sinceramente questa è la prassi che dovrebbe avere tutto il cinema) per lo spettatore ma che in una recensione che si rispetti si debba almeno descrivere qualche particolare per spiegare il proprio giudizio, mi limiterò a dire che il pregio principale è quello di aver ricreato alla perfezione l'ambiente descritto e pure la tecnica cinematografica dei lavori di quel periodo (non sembra solo un film che parla degli anni '70, sembra proprio un film degli anni '70!).
Narrativamente sembra un incrocio tra un porno di quelli violenti anni '70 (nel periodo che i registi hard tentavano di imbastire anche un serio discorso sociale che andava ben oltre la classica pornografia), ma senza liquido seminale e con donne bruttissime (qualche bellissima ragazzina c'è, tipo il personaggio interpretato dalla starlette Greta Sophie Schmidt, la ragazza che vediamo accompagnarsi ad una bicicletta sul manifesto, scena apparentemente banale ma decisiva per la trama), un film sociale ed urbano tipo STREET TRASH (si ok, il titolo italiano è HORROR IN BOVERY STREET, a ennesima dimostrazione che i titolisti italiani capiscono nulla, ma io preferisco il più consono titolo originale) con un concentrato di anni '70 ma senza capo né coda (però la storia è vera).
Se l'obiettivo del regista (e mi sa di sì) era descrivere in maniera docu-fiction la cronaca degli anni '70 l'obiettivo è più che riuscito. Se, invece, era di creare un thriller narrativamente scorrevole (penso di no) il risultato è un lavoro affascinante che però, a volte, tende lo spettatore allo sbadiglio. Ha diviso la critica? E te credo!!! (Però la colpa non è tanto della messa in scena ma di un pubblico e una critica che, forse, non lo ha capito). In conclusione ribadiamo che le cose più riuscite di tutto il film sono, come già accennato, la ricostruzione del senso di sgradevolezza che accompagnava l'ambiente del protagonista (e che intorno a lui ruotava, vedere per credere quasi tutti gli avventori, laidi e/o marchettari del pub che frequenta, nel quartiere St. Pauli, e che presta, giustamente, il nome al titolo del romanzo: The Golden Glove) ma anche la prova attoriale (veramente straordinaria!) dell'interprete protagonista Jonas Dassler. Film (anzi, romanzo di partenza) difficile: come costruire, quindi, la narrazione del nulla? Un appunto sul trailer: è identico a quello di ARANCIA MECCANICA di Kubrick. Insieme ai particolari descritti e una citazione (omaggio?) ai film con Bud Spencer e Terence Hill e alla cultura pop del periodo (tocco personale del regista per costruire la sua opera d'arte. Ma servivano questi ingredienti?) viene da domandarsi se la scuola di Tarantino abbia fatto più danno o più bene. Sinceramente la risposta è: Boooohhhh!!!
Recensione scritta da Davide Lingua da Verolengo, Dizionario del Turismo Cinematografico, Wikipedia.
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