La recensione su Downton Abbey - Il film

di obyone

6 stelle

Ho già raccontato, in altra occasione, come sia stato Julian Fellowes la mente creatrice di "Gosford Park". Fu lui a partorire la sceneggiatura che divenne uno dei migliori film del tardo-Altman. Di quel gruppo infelice di servi e padroni, Fellowes rimase legato, in particolar modo, alla scontrosa Lady Trentham interpretata da Maggie Smith. Il successo del film consentì a Fellowes di elaborare un prodotto simile a Gosford Park, per il network ITV, che ruotasse intorno ad un personaggio simile alla nobildonna altmaniana. Nacque così, dalla penna dello sceneggiatore britannico, Lady Violet Crowley, contessa di Grantham. Già dal cognome risultò evidente l'omaggio al prototipo. Ad interpretare la nuova creatura di Fellowes fu chiamata la stessa Maggie Smith, irrinunciabile quanto il personaggio. "Downton Abbey" fu un successone che la ITV rinnovò per sei stagioni ottenendo indici di gradimento elevatissimi. Il passo successivo alla chiusura della serie è stato l'omaggio cinematografico recente. Fellowes alla stesura e cast praticamente al completo per un dolce amarcord in cui Smith ha ricoperto un ruolo importante.

Oltre 190 milioni di dollari, per un prodotto di derivazione televisiva, è, a mio avviso, un ottimo risultato ed ha sconfessato le mie attese al ribasso. Io, per inciso, non andrei a vedere un film tratto da una serie televisiva che non ho seguito. Downton Abbey è stato un caso televisivo che ignoro oppure gli americani sono impazziti per la monarchia e anelano, segretamente, la corona degli ex domini britannici sul capo di Meghan Markle. 90 milioni il film li ha incassati proprio negli USA battendo una concorrenza casalinga agguerrita.

Fellowes ha scritto una storia piuttosto semplice, simile a Gosford Park, raccontando la visita dei reali in casa Crowley. Due giorni impegnativi per i padroni di casa e per il personale a servizio sono stati raccontati dando modo agli storici fan di riabbracciare gli amati personaggi, senza troppe concessioni malinconiche alla serie. Gli accenni al passato sono stati funzionali ad inquadrare i personaggi. Con pochi tratti, quanto risulta possibile per un film di due ore, Fellowes ha descritto gli abitanti di Downton quel tanto che bastava ai neofiti ed ha raccontato un microcosmo di azioni e reazioni alla visita regale.

Il formato cinematografico ha permesso soluzioni registiche come i campi lunghi in esterno, cercati con maggior insistenza, anche con tagli fotografici particolari, per sfruttare il grande schermo. La durata limitata ha spinto ovviamente la scrittura verso una produzione autoconclusiva che ha dato risalto al rapporto tumulutoso tra Lady Grantham, Lady Crowley e Lady Bagshaw. I battibecchi tra le decane del cinema british, Maggie Smith, Penelope Wilton, e Imelda Staunton hanno dato vita a siparietti comici di grande eleganza formale e arguzia.

Ma la grande novità apportata dal mezzo cinematografico è stata, forse, la possibilità di osare maggiormente nel toccare il tema LGBT con un bacio che difficilmente avremmo potuto vedere nel prime-time britannico. A convincere meno, rispetto alla serialità, è stato il ricorso ad un insistito happy end, su tutti i fronti, quando Fellowes aveva dimostrato una vena tragica maggiore per la televisione. Un eccesso di politically correct ha svilito la vena ironica del passato rendendo il risultato gradevole ma meno incisivo nonostante l'usuale accuratezza nella ricostruzione scenica e nel pregevole apporto tecnico.

A rischiarare un cielo britannico già di per sé strano senza nuvole ci ha pensato un vento filo-monarchico capace di spazzar via la buriana socialista e la tempesta nazionalista irlandese. "God save the King" allora. Highclere Castle, rischiarato da una luce cristallina, a quanto pare, ospiterà ancora una volta la famiglia Crowley per un secondo film. Speriamo di rivedere la contessa di Grantham. "God save the Smith".

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