Regia di Mario Sorrenti vedi scheda film
Esordio in regia per un fotografo italiano naturalizzato statunitense. Qui costretto a dirigere un film mal scritto e privo di idee, destinato ad un veloce oblìo nonostante sia stato distributo in vari paesi (direttamente straight to video e in streaming).
Lo scienziato Andre Mason (Thomas Kretschmann) dopo avere perso in circostanze inspiegabili il piccolo figlio Ben, subisce l'ulteriore dolore dato dal suicidio della moglie. Si rivolge a Maya (Nadine Velazquez), esperta di composti botanici da ingerire come infuso che, a suo parere, stimolando la ghiandola pineale permettono di entrare in contatto con un'altra dimensione, popolata da spettri dei defunti. Con il supporto economico della fondazione Milford, orientata allo studio di fenomeni paranormali, Mason organizza un team di ricerca, con sede nella Sierra Madre (California). Subito dopo essersi insediati nella struttura, i ricercatori si sottopongono alla prova di un liquido sperimentale, derivato dalle erbe di Maya, da iniettare in vena.
"Mia nonna mi raccontava storie sul 'Disincarnato', un essere senza carne. Forse una volta era uno spirito ma ora non più. I morti non sono solo quelli dell'oltretomba. È un essere non ritenuto degno di lasciare la terra dopo la morte. Desidera essere vivo. Caccia, sperando che se mangia abbastanza carne di innocenti potrà di nuovo ottenere la sua forma." (Maya)
Il fotografo napoletano, naturalizzato statunitense, Mario Sorrenti (suoi alcuni celebri servizi di nudo su Vogue) fidanzato a suo tempo con Kate Moss, a quasi cinquant'anni tenta il debutto dietro una macchina da presa. Crede nel progetto, tant'è che oltre ad occuparsi della fotografia, ricopre anche il ruolo di produttore esecutivo. Tra l'altro, ha a disposizione un cast di rispetto che annovera, oltre a Thomas Kretschmann (La sindrome di Stendhal, 1996), il Josh Stewart della serie The collector e la sensuale -quanto brava- Nadine Velazquez. Sulla carta, questo Discarnate (Shapeshifter il titolo tedesco) promette dunque un buon risultato. Alla sceneggiatura sono presenti Mario Miscione (in curriculum episodi della serie TV The Vault e Dark/Web) e Marcella Ochoa (anche aiuto regista). E proprio la sceneggiatura presenta lacune incolmabili, a cominciare dall'incomprensibile incipit nel quale il decesso del piccolo Ben non trova una dimensione credibile (portato via, di notte, da un boogeyman!).
La storia, in forte debito con Gli invasati, propone il solito gruppo di ricerca rinchiuso in una casa. Il desiderio di sopperire alla incolmabile perdita di affetti familiari conduce il protagonista oltre le barriere della vita e della morte. Qui però le presenze oltretombali hanno un aspetto troppo concreto, più accostabile a quello di revenant (quasi fulciani nel finale), mentre le allucinazioni indotte dall'uso della droga "botanica" rimanda in parte allo Stati di allucinazione (1980) di Ken Russel. L'idea centrale del film non era disprezzabile, essendo ispirata ad una leggenda universale (il mutaforma della mitologia norvegese, Nokken o Näcken) ma nel complesso la sceneggiatura soffre di una superficialità, anche nei dialoghi, che riesce a sminuire sia la discreta regia, sia il nutrito comparto di effetti speciali. E quando appare la creatura, realizzata con classica (e più efficace) tecnica prostetica, lo spettacolo cede il posto alla delusione, provocata, di fatto, dall'esito di un racconto davvero pessimo.
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