Regia di Jon Watts vedi scheda film
Dopo l’enorme delusione di Homecoming che si salvava unicamente per l’interpretazione di Michael Keaton, le mie aspettative rasentavano lo zero per questo sequel denominato "Far From Home".
Il problema maggiore non era tanto la terza ed ennesima trasposizione dell’Uomo Ragno al Cinema, ma la totale banalizzazione e piattezza con cui il regista Jon Watts trattava lo spirito del supereroe, snaturando il personaggio persino nella sua concezione originaria.
Il risultato fu un Ironman junior mal riuscito con deliri preadolescenziali per niente in linea con i drammi e tempi comici di Peter Parker aka Spider-man, spogliandolo così della peculiarità del supereroe con superproblemi, che è una caratteristisca fondativa per la genesi e lo sviluppo del personaggio.
La serietà delle grandi responsabilità e l’artigianato dell’intelletto di Spider-man venivano così sostituite da una rincorsa futile ed infantile allo status symbol di Iron man, che non solo distruggeva lo spirito metropolitano e proletario dell’arrampicamuri, ma addirittura risultava pretenziosa nel veicolare un messaggio fintamente buonista moralista che si illudeva di trasmettere al pubblico una reale crescita caratteriale e morale del personaggio.
Se si dovessero paragonare le precedenti pellicole sull'Uomo Ragno rispetto a Homecoming, persino nei travagliati "The Amazing Spider-man" di Marc Webb si aveva una certa profondità nel trattare i dubbi, i drammi, gli amori e le responsabilità di Spider-man, che si intrecciavano indissolubilmente allo scontro con i vari villain, sviluppando così un climax sempre più ascendente fino allo scontro finale catartico necessario per la formazione del supereroe.
Il bisogno di costruire una buona storia da raccontare e dei personaggi carismatici da sviluppare attorno alla vita di Peter Parker, sembravano quindi ormai degli obiettivi preliminari per girare un buon film su Spider-man. Peccato che in Homecoming non sono stati presi per niente in considerazione, riducendo la pellicola ad una classica puntata di Disney Channel con una regia piatta e televisiva, oltre che ad una sceneggiatura banale al limite del cringe.
Il problema dunque, non solo era dal punto di vista della scrittura, ma anche della regia, che essendo priva di una vera dinamicità nel rappresentare la spettacolarità dell'arrampicamuri, non regalava nemmeno inquadrature artistiche degne di essere ricordate, ammazzando di fatto tutto il pathos della pellicola che stentava a voler uscire.
L'insieme di queste doverose premesse servono a descrivere non solo la mediocrità di questa nuova interpretazione eccessivamente teen dello Spider-man di Tom Holland, ma anche della totale assenza della potenza cinematografica che il personaggio si portava alle spalle, che viene sacrificata da una logica fumettofila fine a sé stessa. L'autorialità e l'adattamento su schermo vengono così snaturati della loro funzione principale di differenziazione dalla controparte cartacea, per inseguire un target più giovane e in linea con gli sketch comici del Marvel Cinematic Universe.
Essendo contrario a questa svolta frivola della Marvel ed apprezzando maggiormente Spider-man quando veste i panni da comprimario nei film corali con gli Avengers, l'unico fattore potenzialmente interessante di questo sequel era ed è a tutti gli effetti il villain Mysterio.
La trama infatti, ruota sull'ambiguità dell'illusionista verde-viola, che dopo gli eventi devastanti di Avengers Endgame si erge come nuovo supereroe del mondo in quanto suo compito sconfiggere gli Elementali, creature giganti formate dai 4 elementi (Acqua, Terra, Fuoco, Aria), che vogliono distruggere il pianeta Terra per far proliferare la loro razza.
Peter, che intanto si trovava in vacanza in Europa con la sua classe, viene coinvolto da Nick Fury a collaborare con Quentin Beck (alter ego di Mysterio) per fermare la minaccia delle creature metafisiche.
La partnership che si crea tra i due “eroi” diventa perciò imprescindibile per sconfiggere gli Elementali, dove però Spider-man preferisce restare con i suoi amici a godersi la vacanza mentre Mysterio è intenzionato a diventare una sorta di nuovo “Avenger” per colmare il vuoto lasciato dalla vecchia guardia alla fine di Endgame.
La conflittualità tra i doveri di un supereroe e una vita normale da adolescente, tormentano la sfera emotiva di Peter Parker, che dopo la morte di Iron man si vede costretto a raccogliere la sua eredità. Nel suo processo di identificazione nel mondo post-invasione di Thanos, trova in Quentin Beck una figura comprensiva e amichevole, dove quest’ultimo cercherà in tutti i modi di conquistare la fiducia del giovane ed ingenuo supereroe ragnesco.
Per chi ha letto i fumetti o per chi conosce un minimo il personaggio di Mysterio, può già trarre delle conclusioni su come si svolgeranno gli eventi nel film. L’illusionista è infatti famoso per le sue buone doti nel realizzare grandi illusioni attraverso laboriosi effetti speciali e nel fare buon viso a cattivo gioco per fare profitto ed ottenere fama.
Nonostante quindi la prevedibilità del plot twist in cui si rivela essere il cattivo e l’autore dell’apparizione degli Elementali, il film se ne esce dignitosamente rispetto al suo capitolo precedente sia dal punto di vista della scrittura che dal punto di vista tecnico.
Chiariamoci, la regia televisiva e la scrittura infantile permangono per certi aspetti nel corso della pellicola, ma la posta in gioco della trama è all’altezza delle basse aspettative, che possono essere ben appagate da un carismatico Jake Gyllenhaal, che non acquisisce forza soltanto grazie alla sua poliedrica interpretazione, ma anche da una sceneggiatura che permette al suo personaggio di giocare le sue carte vincenti, rendendolo di fatto un villain enigmatico, scaltro, machiavellico ma soprattutto affascinante nella sua dubbia morale.
La regia maturata di Jon Watts aiuta notevolmente a rappresentare la minaccia di Mysterio, che grazie alle sue incredibili illusioni, riesce a sottomettere Spider-man al suo gioco mentale, che instilla il dubbio allo spettatore se ciò che vede sia reale o meno. La gestione degli effetti speciali per costruire le immense sequenze psichedeliche contro l’uomo ragno sono spettacolari nel rappresentare le sue paure, che si riflettono perfettamente sui suoi errori e sulle sue insicurezze.
Le apparenze e la fiducia sono dunque il tema centrale di questo far from home, che veicola una retorica accettabile perfettamente in linea con i tempi moderni, dove le persone sono sempre più alienate dalla realtà grazie alle nuove tecnologie che plasmano le nostre percezioni e decisioni.
Allontanandosi dall’affascinante e diabolica figura di Mysterio, cominciano ad emergere i principali difetti della pellicola che restano e resteranno sempre legati allo stile teen alla Disney Channel.
Nonostante abbiano tolto tantissimi elementi cringe di Homecoming, il cast a supporto di Tom Holland non spicca particolarmente per importanza e profondità nella trama del film. L’amico Ned rimane sempre una spalletta comica ancora più inutile del precedente capitolo e il nuovo interesse romantico “MJ” vuol sembrare atipico e differente rispetto alle precedenti donzelle dal salvare, quando in realtà non si riesce a percepire una reale sensualità ed attrazione tra i due teenager. Il tutto si conferma verso la fine del film, dove il doppio bacio anonimo tra Peter e MJ assomiglia più ad uno scambio affettuoso tra due undicenni piuttosto che ad un bacio passionale e romantico sotto la pioggia a testa in giù come lo era stato nel primo Spider-man di Sam Raimi. Se non spiccano neanche i personaggi secondari legati a Peter Parker, il resto del cast resta anonimo e macchietta, regalando qualche battuta divertente che al massimo può far ridere un ragazzino delle medie.
L’amalgama di tutti questi aspetti frivoli condizionano perciò anche le caratteristiche del protagonista, che invece di maturare nel corso dei film del MCU, rimane sempre nella sua dimensione ingenua e irresponsabile che non rappresenta per nulla la figura di un normale sedicenne e dunque anche di Spider-man stesso. La necessità di doversi interfacciare con le tecnologie di Iron man e con il suo team di supporto, non fa altro che avvalorare la tesi della protogenesi di un Iron man junior sempre più dipendente dagli altri, senza prima arricchire sé stesso delle qualità che lo differenziano da Tony Stark.
Riassumendo, Spider-man Far From Home si presenta come un seguito molto più interessante rispetto al suo capitolo precedente soprattutto per la carismatica presenza di Jake Gyllenhaal che, grazie ad uno script più originale del solito, riesce a giganteggiare tra il cast di attori presenti sul set, portando il tono teen della pellicola ad atmosfere più drammatiche ed oscure.
Voto 7
PS: Interessanti le scene post credits che rivelano da una parte un’interessante plot su cui costruire un potenziale terzo capitolo su Spider-man e dall’altra un’interessante dinamica riguardante gli Skrull che forse delineerà le future spaziali atmosfere della Fase 4 e 5.
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