Regia di David Yarovesky vedi scheda film
“Una cosa l'abbiamo imparata, giusto? I diavoli non vengono dall'inferno sotto di noi, no... no, vengono dal cielo.” - Lex Luthor
Cosa sarebbe successo se Superman fosse stato cattivo? E se fosse stato un comunista? Beh questa è un’altra storia... Ma se veramente avesse sin dalla nascita il desiderio di conquistare il mondo?
Brightburn cerca di rispondere a questo ipotetico scenario da WHAT IF, ovvero quel genere di storie che si occupano di narrare realtà alternative ad una storia canonica nota al pubblico.
Un esempio lampante sono le ucronie come la vittoria dell’asse nella seconda guerra mondiale oppure in Bastardi senza gloria dove Quentin Tarantino uccide Hitler in un Cinema per mano di una task force americana.
Le premesse di Brightburn partono dunque anch'esse da una storia d'origine simile a quella di Superman, che però cambia nel momento in cui il bambino comincia a manifestare i primi segnali di squilibrio mentre iniziano le prime fasi dell'adolescenza.
Cresciuto ed amato dai suoi genitori terrestri sterili, il ragazzino alieno comincia a sviluppare una propria coscienza nel momento in cui entra in contatto indiretto con la sua astronave chiusa dentro la stalla della fattoria dei genitori, diventando sempre più freddo e distaccato con i suoi parenti, mutando la sua personalità fino a scatenare la furia distruttiva dei suoi superpoteri contro chiunque voglia fermarlo.
Il film prodotto da James Gunn e scritto dai suoi fratelli, partiva dall'idea geniale di rappresentare una versione distorta dell'Uomo d'Acciaio con tinte horror slasher, che potesse veramente riportare in auge l'essenza del supereroe kryptoniano al Cinema con una reinterpretazione più autoriale sul noto personaggio fumettistico.
L'intento, seppur con qualche cliché di troppo ed un minutaggio forse un po' striminzito, gode comunque di un ottimo soggetto ed un'esecuzione funzionale nel raccontare l'evoluzione maligna di un essere così minuto, ma allo stesso tempo così potente da poter radere al suolo un intero pianeta.
Le critiche maggiori alla pellicola sono state attribuite allo spreco di un'idea potenzialmente interessante per una mancata motivazione della cattiveria del protagonista, quando in realtà la critica non sussiste nel momento in cui il regista ci fa percepire che il male nasce non dalla volontà di Brandon Breyer, ma bensì da un collegamento telepatico dell'astronave che si presuppone sia collegata ad una mente alveare aliena con capacità di calcolo interplanetarie. Un concetto astratto che può facilmente non essere colto immediatamente e razionalmente, ma che si sedimenta nella nostra mente col passare dei giorni quando si riflette sulla visione del film.
Il lungometraggio infatti, non punta solamente a raccontare un dramma familiare ed un dilemma esistenziale, ma punta soprattutto a riprende il concetto dell'ipnosi aliena attraverso soluzioni registiche che puntano a creare un'inquietudine generale intorno alla figura del protagonista che sembra mostrare segnali di umanità, ma che vengono soppressi da questa seconda personalità maligna inspiegabile, quasi lovecraftiana, che spinge il ragazzino ad indossare una maschera ed un costume che non rappresentano il suo essere supereroe, ma il suo essere superiore a qualunque legge ed ordine naturale terrestre.
I comportamenti anomali del ragazzino vengono scambiati inizialmente dai genitori come capricci dell'adolescenza con l'inizio della pubertà, fino a diventare talmente sospetti che il nucleo familiare comincia ad entrare in una fase disfunzionale dove il figlio non riconosce più la legittimità degli adulti che diventano sempre più alieni ai suoi occhi, tant'è che alla rivelazione della sua vera identità, Brandon Breyer cessa ogni tipo di legame col genere umano.
La spirale di violenza che si consuma per fermare l'ascesa di una divinità che potrebbe spazzare via il mondo, viene dipinta perfettamente dalla regia di David Yarovesky che mostra egregiamente la vanità e l'efferatezza degli omicidi sovrannaturali del ragazzino demoniaco semidivino in contrapposizione all'amore e alla disperazione della sua famiglia che non riesce a rinsavire l'anima extraterrestre corrotta del protagonista.
Insomma, un film horror supereroistico che attraverso suggestioni visive e chiavi di lettura per niente banali, ci illustra l'inizio di un potenziale scenario apocalittico se un domani un neonato Superman dovesse cadere dal cielo in mezzo alle nostre case per poi crescere e un giorno dominare la terra. Un lungometraggio che non brilla particolarmente per la scrittura che punta a cliché triti e ritriti come i jumpscare, ma ha dalla sua un grande sottotesto alla base che grazie ad una regia di un buon mestierante come David Yarovesky, riesce comunque a differenziarsi dal classico schema Marvel che ormai sembra monopolizzare il genere supereroistico.
E per i fan più accaniti di Superman questo film potrebbe benissimo essere un pilot per una timeline alternativa di Smallville dove regna un Superman malvagio contro una fazione ribelle capeggiata dalla Justice League, dove quest'ultima di sicuro sulla carta risulterebbe più intrigante di quella vista al Cinema nel 2017 che ha segnato la morte simbolica del DC Extended Universe.
Voto 8
PS: Divertente il cameo di Yondu (Michael Rooker), che nelle vesti di un giornalista del TG racconta i primi attacchi di Brandon Breyer che ormai è divenuto una figura mitologica adorata dai complottisti.
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